Vincenzo Agostino, conosciuto anche come “papà coraggio”, è stato un uomo indomito che non si è mai arreso di fronte alla morte del figlio Nino e della di lui moglie, Ida Castelluccio, incinta di qualche mese, per mano della mafia. Per cercare di scoprire la verità su quanto accaduto l’8 agosto 1989, dunque, ha impegnato la sua intera vita fino ai suoi ultimi giorni. Nato il 22 marzo 1937, Vincenzo ha combattuto nonostante i suoi 87 anni mostrando, come simbolo della propria resistenza e di un dolore che non è mai scemato, una lunga barba bianca.
L’uomo, infatti, aveva giurato di non rasarla fino a quando non fossero stati arrestati e condannati i mandanti dell’assassinio nonostante i molti depistaggi. A insospettire immediatamente Vincenzo Agostino, in particolare, sono stati soprattutto i rallentamenti e gli insabbiamenti per quanto riguarda le indagini. Particolari che lo hanno messo in allarme, presupponendo una certa collusione con gli ambienti malavitosi da parte di alcuni personaggi.
Il procedimento giuridico
Vincenzo Agostino, dunque, ha portato in aula la morte di suo figlio e della moglie, combattendo contro ogni tentativo di screditare la reputazione da poliziotto di Nino (ricordato ogni anno, assieme alle altre vittime delle mafie, nella Giornata della Legalità). Alla fine tre sono state le persone imputate: il boss di Resuttana Nino Madonia, il killer preferito da Totò Riina, il boss dell’Arenella Gaetano Scotto e uno amico di Nino Agostino, accusato di favoreggiamento. Tra loro Madonia è stato condannato all’ergastolo nel 2021 Anche quel giorno, nonostante la fatica di muoversi con il bastone, Vincenzo Agostino era presente a Palazzo di Giustizia a Palermo, accompagnato dalle figlie e dai nipoti. Un momento per lui importante che ha sugellato con queste parole:
Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide ‘morta in attesa di verità e giustizia’. Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba, perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario, in caso di condanna posso dire che quel giorno posso mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio.
Perché Nino Agostino è morto?
Durante i primi passi delle indagini si è tentato di depistare cercando di mettere in ombra l’onestà professionale e personale di Nino Agostino. In realtà questo era un agente in servizio al commissariato San Lorenzo di Palermo che avrebbe fatto parte, inoltre, di un gruppo che collaborava con i Servizi segreti per la cattura dei latitanti mafiosi. Questa sarebbe stata la causa della sua morte voluta da Cosa Nostra.
Vincenzo Agostino, infatti, ha sempre ricordato chiaramente un fatto importante avvenuto qualche giorno prima dell’assassinio. Due uomini erano venuti a cercare suo figlio qualificandosi come colleghi. Uno di questi aveva il volto talmente butterato da rimanere impresso nella memoria. Ed è proprio questo particolare che, in fase processuale, ha incastrato Giovanni Aiello, ex poliziotto, ritenuto killer, che orbitava tra servizi e criminalità. A identificarlo è stato lo stesso Vincenzo in un confronto all’americana nell’aula bunker del carcere Ucciardone nel 2016. Ricordiamo che, nonostante la condanna di Nino Madonia il procedimento giuridico è ancora in atto per gli altri imputati coinvolti.