Il Donbass, regione industriale dell’Ucraina orientale, è il teatro di uno dei conflitti più complessi del XXI secolo in Europa. Quello che molti conoscono come parte dell’invasione russa dell’Ucraina del 2022 affonda in realtà le sue radici nell’aprile 2014, quando questa zona strategica divenne l’epicentro di tensioni geopolitiche, scontri militari e aspirazioni secessioniste che hanno ridisegnato gli equilibri dell’Europa orientale.
La guerra del Donbass è iniziata ufficialmente il 6 aprile 2014, in un contesto di forte instabilità politica seguito alla rivoluzione ucraina di Euromaidan e all’annessione russa della Crimea. Le oblast’ di Donec’k e Luhans’k, territori ricchi di miniere di carbone e industrie pesanti con una significativa popolazione russofona, divennero rapidamente il fulcro di movimenti separatisti sostenuti dalla Russia. In poche settimane, nacquero la Repubblica Popolare di Donec’k e la Repubblica Popolare di Luhans’k, entità non riconosciute dalla comunità internazionale ma de facto controllate da forze secessioniste e supportate militarmente da Mosca.

Per quasi otto anni, dal 2014 al febbraio 2022, il conflitto si è consumato in una guerra di logoramento caratterizzata da bombardamenti quotidiani, scontri lungo la linea di contatto e una crisi umanitaria che ha coinvolto milioni di civili. Le città di Donec’k, Luhans’k e Mariupol’ sono diventate simboli di resistenza e distruzione, mentre gli accordi di Minsk del 2014 e 2015, pensati per congelare il conflitto, sono rimasti largamente inapplicati. Durante questo periodo, si stima che oltre 14.000 persone abbiano perso la vita, tra militari e civili, mentre intere comunità sono state sradicate dalle proprie case.
Il 24 febbraio 2022 ha segnato una svolta drammatica. Dopo il riconoscimento unilaterale da parte della Russia delle due repubbliche secessioniste come nazioni indipendenti il 22 febbraio, è iniziata l’offensiva russa nel Donbass come parte della più ampia invasione dell’Ucraina. Le forze armate russe, affiancate dalle milizie separatiste locali, dai mercenari del Gruppo Wagner e dai Kadyrovcy ceceni, hanno lanciato un’operazione militare su vasta scala per conquistare l’intero territorio delle due oblast’.
Sul fronte ucraino, la resistenza è stata affidata alle Forze armate dell’Ucraina, alla Guardia nazionale, a unità come il Battaglione Azov e il Battaglione Donbass, oltre a gruppi di volontari e alla Legione internazionale di difesa territoriale. La battaglia per Mariupol’, città portuale strategica sul Mar d’Azov, è diventata uno degli episodi più drammatici del conflitto, culminata nell’assedio dell’acciaieria Azovstal che ha resistito per settimane prima della resa dei difensori ucraini nel maggio 2022.
Il conflitto nel Donbass non è solo una questione militare, ma un intreccio di identità culturali, interessi economici e strategie geopolitiche. La regione rappresenta per la Russia un cuscinetto strategico e un simbolo della propria sfera d’influenza post-sovietica, mentre per l’Ucraina costituisce una questione di sovranità nazionale e integrità territoriale. Le conseguenze umanitarie sono state devastanti: milioni di sfollati, infrastrutture civili distrutte, economie locali annientate e intere generazioni cresciute sotto il fuoco incrociato.

Nonostante i tentativi di mediazione internazionale e le sanzioni economiche imposte alla Russia, il conflitto continua con intensità variabile. Le operazioni militari si concentrano sul consolidamento del controllo territoriale russo nelle aree conquistate, mentre l’Ucraina cerca di mantenere le proprie linee difensive e di organizzare controffensive per recuperare i territori perduti. La situazione rimane estremamente fluida, con sviluppi che si succedono quotidianamente e che ridefiniscono costantemente la mappa del controllo territoriale.
Il Donbass sarà, verosimilmente, al centro del prossimo vertice di Budapest. Nelle ultime ore, Donald Trump e Volodymyr Zelenskyy si sono confrontati sul tema, ma il leader ucraino non ha ottenuto le rassicurazioni che cercava. Secondo quanto riporta il Financial Times, il presidente Usa avrebbe detto: “Accetta le sue condizioni per la fine della guerra, cedi il Donbass, o Putin distruggerà l’Ucraina”.