Il 21 gennaio 2025, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un ordine esecutivo che ripristina la pena di morte federale, annullando la moratoria istituita dal suo predecessore, Joe Biden, nel 2021. Ma cosa s’intende effettivamente con pena di morte federale?
La pena di morte negli Stati Uniti è una questione complessa, con competenze sia a livello statale che federale. Mentre molti stati hanno le proprie leggi riguardanti la pena capitale, il governo federale può applicarla per determinati crimini, indipendentemente da queste. Nel 1994, con l’approvazione del Violent Crime Control and Law Enforcement Act, il numero di reati federali punibili con la morte è stato ampliato, includendo:
- Omicidio di agenti federali, poliziotti, militari o pompieri
- Atti di terrorismo
- Omicidio durante un sequestro di persona
- Omicidio commesso durante un traffico di droga
- Alto tradimento
In sostanza, dunque, la pena di morte federale negli Stati Uniti è una forma di punizione prevista per alcuni crimini federali. A differenza delle condanne capitali imposte dai singoli Stati, viene applicata a livello nazionale e gestita esclusivamente dal governo federale, anche se non prevista dall’assetto giuridico del luogo dove viene portato a termine il crimine.
Questa tematica, comunque, è da sempre oggetto di un acceso dibattito, sia a livello politico che sociale. I sostenitori sostengono che la pena di morte sia un deterrente efficace contro i crimini più gravi e che sia una giusta punizione per chi ha commesso omicidi particolarmente efferati. I critici, invece, sottolineano che la pena capitale sia una pratica crudele e inumana, che non ha alcun effetto deterrente e che rischia di condannare innocenti. E, considerando la presidenza attuale, il confronto sembra destinato a durare ancora a lungo.