Più che Porta dell’Inferno, il cratere gassoso Darvaza che si trova nel cuore del vasto deserto del Karakum, in Turkmenistan, è un fenomeno geologico unico, nato per un errore umano. La sua storia non è antica ma risale al 1971, quando una normale operazione di estrazione di gas si trasformò in una vera attrazione.
Durante le operazioni condotte da geologi sovietici, il terreno collassò improvvisamente, creando una voragine di circa 70 metri di diametro. Per impedire che il gas si disperdesse nell’atmosfera, i tecnici decisero di bruciare il metano che fuoriusciva dal sottosuolo. L’intenzione era di consumare rapidamente il gas in pochi giorni, ma la realtà si rivelò ben diversa: dal quel giorno del 1971 il fuoco non ha mai smesso di bruciare. Un inferno in terra, da cui il nome evocativo, diventato una popolare attrazione turistica.

Il punto, però, è che un cratere in mezzo al deserto, perennemente in fiamme per più di mezzo secolo, rilascia nell’atmosfera metano; un gas naturale che rappresenta una risorsa energetica preziosa (sprecata) ma che è dannoso per l’ambiente. I satelliti hanno rivelato che il Turkmenistan detiene il record mondiale per rilascio di metano. Un dato confermato nel 2024, anche dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE).
Ecco quindi la decisione di chiudere la porta. Nel 2022, il leader Gurbanguly Berdymukhamedov ha dato l’ordine perentorio che non è stato mai portato a compimento. Ora, con il figlio Serdar al potere, dovremmo esserci. Le motivazioni? L’estrazione di gas ha ridotto le fiamme, l’appeal turistico è calato e il cratere, ormai una brace, qualcuno dice ottima solo per il barbecue, ha perso il suo “bagliore”.