il numero, impressionante, di tutte le possibili combinazioni del Cubo di Rubik, uno dei più noti passatempi di enigmistica al mondo è di 43 quintilioni; ovvero 43 mila quadriliardi, o ancora 43 milioni di quadrilioni: a rivelare l’incredibile cifra è stato l’ingegnere ungherese Erno Rubik, l’inventore, o scopritore, come egli stesso ama definirsi, del cubo a facce colorate, che lo ha inventato nel 1974 per spiegare con praticità ai propri studenti il concetto della rotazione lungo un asse. Quello che in origine è nato come mero strumento didattico, dopo quasi quarant’anni, un brevetto e milioni di esemplari (350) prodotti in tutto il mondo, ancora oggi è uno dei rompicapi più famosi e gettonati al mondo.
Un successo incomprensibile persino per lo stesso Rubik che in un’intervista esclusiva a Sette, in occasione di un invito a Milano per il festival ENTRA IN GIOCO, evento dedicato al mondo dei giochi da tavolo, puzzle e rompicapi, non si capacita della popolarità di uno strumento concepito solo per stimolare le abilità di problem solving: “Non ha bisogno di batterie, va contro tutto quello che caratterizza il 2023 digitale eppure continua a far presa sul pubblico, come nel 1980. Ha trovato nuova vita sui social media. Perché? Me lo sono chiesto a lungo e ho scritto il mio libro per provare a spiegarmelo. Volevo capire perché è successo, tutto questo. Quella del cubo non è ingegneria, è problem solving, risoluzione dei problemi. C’è dentro tutto: semplicità, complessità, la struttura che cambia rimanendo in realtà sempre la stessa. Puoi vedere la complessità solo quando riesci a vedere il tutto, non soltanto la parte“.
Alle soglie degli 80 anni, per razionalizzare questa enorme popolarità, Rubik ha scritto un libro, “Il cubo e io: Storia del rompicapo che ha incantato il mondo e del suo inventore” – che trovate su Amazon ad un prezzo scontato, in cui fa parlare la propria creatura in prima persona: “Se fossi di sangue blu potresti chiamarmi il Cubo magico ungherese von Rubik, ma nobile non sono. Personalmente preferisco Cubo magico perché mi ricorda l’infanzia, ma i miei amici mi chiamano semplicemente Il Cubo, e puoi chiamarmi così anche tu. Probabilmente ci siamo già conosciuti: ho infatti viaggiato in tutto il mondo e molti milioni di persone mi hanno toccato e sono state toccate da me nel corso dei decenni“.
D’altra parte il Magic Cube, primo nome con cui il rompicapo venne brevettato da un imprenditore tedesco nel 1980, sei anni dopo che Rubik lo aveva creato, rappresenta, secondo il suo creatore, una sfida continua contro se stessi, dove ad attrarre è il fascino dell’enigma, e non il brivido della soluzione: “Il cubo è un partner, non un avversario. Per me se lo risolvi non vinci, vinci se hai giocato. Per me il cubo aiuta a gustare la vita; il tempo che passi con il cubo lo passi in cerca della soluzione, cioè lo passi in compagnia del problema. Quando cerchi di risolvere il cubo stai cercando in realtà di finire una figura, un’immagine, tutti i lati con i colori uniformi. Quando lo finisci sei felice? Sì. Ma ti viene voglia di smontarlo, e di ricominciare. Perché hai l’impressione che nel cubo ci sia ancora qualcosa di nascosto che non sei riuscito a svelare. Per questo mi diverto a pensare al cubo come una forma di vita con una sua coscienza: sfida le persone, passa il tempo con loro“.