Lo stretto di Hormuz si trova tra Iran e Oman, collegando il Golfo Persico al Golfo di Oman e all’oceano Indiano. Si estende per circa 167 km, ma si restringe in punti critici a soli 33–39 km di ampiezza, con corsie navigabili larghe appena 3 km. Questo piccolo spazio geografico ricopre un ruolo fondamentale per l’energia globale. Qui transita quotidianamente circa il 20–21% del petrolio mondiale (circa 20 milioni di barili) e oltre il 20% del gas naturale liquefatto. Non esistono alternative marittime comparabili: oleodotti come Habshan‑Fujairah e Petroline coprono una minima parte della capacità totale.
L’Iran, grazie alla sua posizione sul lato nord e al controllo di isole strategiche, come Qeshm e Hormuz Island, esercita una notevole pressione diplomatica e militare sulla zona. Per esercitare il suo “potere” sulla zona ha impiegato tattiche “asimmetriche”: dragamine, mine navali, droni, motosiluranti e missili anti-nave che hanno consentito, fino a oggi, di proteggere lo stretto da potenziali attacchi di nazioni ostili.

Negli anni Ottanta, durante la guerra Iran‑Iraq, furono minate navi e attaccati petroliere: avvenimenti che richiesero interventi navali internazionali.
Nelle scorse ore, in risposta ai raid USA su siti nucleari iraniani, il parlamento iraniano ha votato per la potenziale chiusura dello stretto, un’azione attualmente al vaglio del Supremo Consiglio di Sicurezza. Tale mossa, se attuata, metterebbe a rischio il 20% dell’intera produzione mondiale di petrolio, con impatti immediati su prezzi, mercati e sicurezza energetica globale. In sintesi: il costo del petrolio si alzerebbe in maniera esponenziale. Secondo gli analisti, un blocco potrebbe portare i prezzi oltre 100 $ o addirittura 150 $ al barile in scenari estremi.
Dopo l’annuncio, il Brent e il WTI sono saliti rispettivamente del 3–6%, segnando picchi intorno a 78–80 $ al barile. Gli Stati Uniti e le potenze occidentali hanno inviato navi da guerra e avvertito che un’interruzione sarebbe “suicidio economico” per Teheran.
Esistono misure di contenimento: riserve strategiche, rotte alternative via oleodotti, e la presenza in loco del “International Maritime Security Construct” guidato dagli USA per garantire la libertà di navigazione. Tuttavia, qualsiasi disturbo nella regione ha ripercussioni globali, poiché l’intera economia mondiale è sensibile ai prezzi energetici.