Il papiro di laurea scritto dai compagni di corso di Giulia Cecchettin è stato appeso, come tradizione, a un albero sulle rive del canale Piovego a Padova; all’interno del manifesto svetta la figura di Giulia ritratta mentre abbraccia un gigantesco orso di peluche, mentre si trova nella propria cameretta, affiancata da un cagnolino; al di sotto, trova spazio il consueto testo celebrativo, scritto dai colleghi universitari e dagli amici.
Di seguito vi proponiamo quindi il testo integrale dell’omaggio preparato dai compagni di corso per Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023 dall’ex Filippo Turetta, e che il 3 febbraio 2024 ha ricevuto la laurea postuma in Ingegneria (la ragazza aveva infatti consegnato la tesi pochi giorni prima della morte). Il racconto, tenero e affettuoso, parte dall’infanzia.
Quando all’asilo andavamo
insieme tornare a casa con il pulmino era un piacere.
E a fine anno la cerimonia,
si cambia classi per tutti, è una gioia.
Ma quando a media sei stata proclamata
a piangere hai passato una giornata.
Non c’era modo di farti fermare:
‘No, una piccola voglio restare’Succhiare il pollice era la tua cosa preferita
soprattutto se ai capelli arrotolavi le dita.
Peccato che spesso finiva in disperazione
e alla mamma toccava la delicata operazione.
Tempo dedicava a snodare il tuo misfatto
per non dover ricorrere alla forbice ogni tanto.
Ai pranzetti della nonna Bruna non potevi certamente mancare
primi e secondi ti piaceva sempre sminuzzare
e farti tanti piccoli deliziosi panini
per goderti al meglio tutti i singoli spuntini.E dopo ore di studio matto e disperatissimo
Trovavamo sempre da fare un nuovo gioco divertentissimo.
Le partitelle a monopoli che finivamo desfati [distrutti, ndr]
In cui tu eri la banca e noi gli indebitati.
E quando le mamme ci venivano a prendere
stavano a parlare ore ininterrottamente
permettendoci di giocare un altro pochino,
nella speranza di bere del tè con qualche biscottino.
Si passa poi ai ricordi del liceo e delle vacanze estive passate con gli amici, in un profluvio di aneddoti divertenti tinti di nostalgia
Ai tempi del liceo tanto famosa eri
per il tuo odio verso i parrucchieri,
con le forbici quindi diventasti esperta,
tranne quando si trattava di tagliare la tua povera frangetta.
A volte troppo lunga, a volte troppo corta,
ti rassegnasti ad averla sempre un po’ storta.Ripensando al liceo e alle ore di motoria
i tuoi saltelli ci tornano sempre alla memoria.
A far questi tu eri tanto agile e brava
e la dimostrazione a te sempre toccava.
Nel farli spesso felice sembravi
ma dentro un grande odio provavi.
Forse per questo ad un rimedio hai dovuto pensare
e tra tutti, le stampelle hai voluto utilizzare.
A questo piano eri cosi devota che con nostra meraviglia
quattro o cinque volte hai slogato la caviglia.Tra finestre spaccate e vicini spaziali,
le nostre avventure estive sono sempre state un po’ speciali.
Al mare c’è da dire che qualche usanza particolare adottavi,
come il metodo preciso con cui la crema solare applicavi.
Meticolosamente ogni mattina tutti tuoi nei coprivi uno ad uno
perché contro i raggi UV non volevi correre rischio alcuno.
Una possibilità non avevi però considerato,
cioè che tutto il resto si sarebbe comunque bruciato!
Dopo la Sicilia quest’errore mai più ripetesti,
ma per una settimana il look da Pimpa tuo facesti
Di racconto in racconto, dall’estate al Capodanno e ritorno, tra superstizioni e divertimenti, la rievocazione si fa sempre più accorata
Dopo aver scoperto di un’antica tradizione,
anche tu hai ceduto alla superstizione.
Così, tra le tante cose da fare a capodanno,
ne hai aggiunta una alla lista che forse non tutti sanno.
Non importa se il conto alla rovescia è già cominciato,
il denaro per l’anno successivo va assicurato!
Per questo motivo mentre tutti escono a vedere le scintille,
potresti trovarti ancora in cucina a mangiare le lenticchie.Una serata d’estate attorno ad un tavolino,
tutte in chiaro bisogno di un pisolino,
un oggetto un po’ particolare hai notato;
“nonna papera”, un vecchio detersivo aranciato.
L’amaro nel bicchiere ci ispirò a cantare
e in un attimo una canzone si iniziò a creare.
Così quella sera che per i vicini fu un supplizio,
della nostra breve carriera musicale fu l’inizio.Certe volte anche i viaggi di ritorno sono un’avventura,
e quello dalla Puglia fu certo motivo di paura.
I problemi coi trasporti non potevano mancare,
e per un bus in ritardo la coincidenza del treno potevamo salutare.
Correndo con valigie e mascherine la stanchezza era inevitabile,
ma arrivammo di un minuto in orario grazie all’accendino di Padre Pio, dal valore inestimabile
Un tassello dopo l’altro, si compone così il ritratto a tutto tondo di una persona piena di sfaccettature, capace di gesti generosi e caratterizzata da invidiabile tenacia, contrapposta a un’innocenza tutta giovanile.
Da notare, qui, peraltro, la divertente citazione alla scena de La Sirenetta in cui il gabbiano Scuttle usa una forchetta (da lui chiamata “arricciaspiccia” come forcina per capelli
Infinite son le sfide che un’oplita affronta senza sella.
Con il tram ti inoltravi nella malfamata Arcella [un quartiere di Padova, ndr]
I campi di atletica solcavi con furore.
Nemmeno ai gradoni guardavi con timore.
Né mille ripetute né ostacoli, o circuiti per inciso.
Non c’erano fatiche che ti togliessero il sorriso.
Tra gli anziani del gruppo restavi la più saggia.
In pausa eri l’unica ad avere la borraccia.
Un bel giorno accanto alle rive del Piovego,
di questo oggetto misterioso imparasti l’impiego.
La linguetta tirasti fuori per la troppa concentrazione
e poi subito un sorriso a 52 denti per l’eccitazione.
Ariel da Scuttle l’uso dell’arricciaspiccia ha compreso,
e tu quello dell’accendino con noi hai appreso.
Così a 20 anni capisti come si accende,
quell’oggetto magico che con il fuoco splende.Una sola è l’esclamazione che ti viene in mente,
quando il disappunto nella tua testa si fa presente.
Chissà da dove arriva questa parola speciale,
che al posto di “cazzo” sei solita utilizzare.
Cosi ti sentiamo dire “caspiolacchio” tutta infastidita,
dopodiché nessuno nella piaga osa mettere le dita.Se per caso dopo il pranzo te ne avanzano, non buttarle!!
Sai che a lei sempre garbano.
Soprattutto dopo la mensa questi suoi averi moltiplica,
perché dei compagni tutte le raccoglie senza fatica.
Ancora non si sa come il suo giubbotto blu cosi tante ne contiene,
perché di bustine di tutti i condimenti le sue tasche son piene.
Se mentre sei a lezione senti un certo languorino,
lei è subito pronta a fare come la nonna col nipotino.
Dal suo zainetto viola che di tutto un po’ contiene,
estrae una bizzarra scatolina dal cui contenuto nessuno si astiene.
Qualsiasi gusto in essa si si riesce a trovare,
e sulle “caramelle salva fame” di Giulia puoi sempre contare.
Il papiro si conclude con le ultime strofe, in cui gli amici raccontano ancora una volta la generosità di Giulia, unita all’incredibile capacità di stupirsi sempre e comunque, davanti alle meraviglie delle parole che, così bene, sanno descrivere il mondo.
Incredibili doti artistiche ti caratterizzano,
ma questa sicuramente non tutti se l’aspettano.
Dopo le lezioni spesso l’autobus devi rincorrere
perché i bambini ai compleanni devi raggiungere.
Nonostante le varie prove per i faticosi balletti
per tuo dispiacere questi non sono mai ben accetti.
Certo è che con Giulia i bimbi riuscite sempre ad intrattenere
facci allora vedere come balli “stendi i panni” per piacere.Giulia, con abilità,
ogni anno nascondi la tua vera età.
Dichiarando meno anni di quanti tu ne abbia in realtà.
Ad onor del vero, molta gente, e siam sinceri, maggiorenne non ti fa.
E tu con fierezza e un pizzico di vanità,
porti a casa questa effimera verità.L’etimologia non ti è mai stata sconosciuta
Ma talvolta le parole composte ti hanno scioccata
Come “falegname” che legname fa.
E “asciugamano” che la mano asciugherà
“sbucciare”, invece la buccia toglie.
E tu sei felice di aver scoperto queste meraviglie
Ricordiamo che il “papiro di laurea” è una tradizione goliardica di molte università italiane a festeggiamento della laurea di uno studente; si tratta di un lungo racconto in rima, scritto su un enorme foglio A0, che delinea in modo umoristico e spesso sardonico le tappe principali della carriera accademica del destinatario.
Il nome deriva dal materiale originario su cui i testi venivano scritti; l’usanza, di diffusione europea, risale infatti all’Alto Medioevo.
Il testo è appunto accompagnato da vignette e/o caricature raffiguranti lo studente. Nella tradizione euganea, come riporta Padovaoggi, il papiro viene letto ad alta voce dal destinatario, alla presenza dei compagni; ogni errore di lettura comporta una penitenza.