Qualche ora fa la Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI) ha ufficialmente chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere i mandati di arresto per 5 leader di Israele e Hamas. L’accusa è di crimini di guerra e contro l’umanità in due ambiti diversi. Per la strage del 7 ottobre e per il successivo assedio di Gaza. I nomi in questione sono i massimi rappresentanti delle due entità coinvolte. Ovvero, il Premier israeliano Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Yoav Gallant. E i tre leader di Hamas: il capo Yahya Sinwar, il capo politico Ismail Haniyeh e il leader delle Brigate Al-Qassem, Mohammed Deif. Rischiano davvero di finire in manette? La risposta è sì, in via teorica. Ma è molto difficile che accada. Per tutta una serie di questioni diplomatiche e giuridiche che spieghiamo.
Conta lo Statuto di Roma
Netanyahu e tutti gli altri rischiano l’arresto nei 124 Paesi che sono parte dello Statuto di Roma. Un trattato internazionale, modificato negli anni, che istituisce proprio la Corte Penale Internazionale. Ossia quell’entità che giudica i crimini internazionali tra cui: genocidio, crimini contro l’umanità, di guerra e di aggressione. Se una di queste persone dovesse transitare in uno di questi paesi, i giudici interni avrebbero l’obbligo di dare esecuzione al mandato di arresto della CPI.
La Corte Penale Internazionale si occupa dei crimini internazionali commessi dagli individui e non dagli Stati. Ha la propria base giuridica nello Statuto di Roma, di cui fanno parte 124 Paesi, appunto. Non sono parte della Convenzione di Roma Russia e Stati Uniti (che sono nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU). Fuori dallo Statuto di Roma ci sono anche Cina e Ucraina. Israele ha firmato ma non ratificato la Convenzione.
Nel caso di crimine di genocidio, la giurisdizione della Corte è estesa anche agli Stati non firmatari della Convenzione di Roma. Al momento, la CPI non ha formulato mandati d’arresti con l’accusa di genocidio.
Visualizza questo post su Instagram
La procedura
Cosa succede quindi ora? A livello tecnico, spetta a un collegio di giudici della Corte decidere se accettare la richiesta di arresto. In caso positiv0, sarà effettuata un’autorizzazione a procedere. E i tempi non sono certo rapidi. Finora, la cosiddetta Pre-Trial Chamber ha accettato tutte le richieste di arresto presentate dal procuratore generale (gli jugoslavi Milosevic, Karadzic e Mladic e i massacratori dei Tutsi in Ruanda, per citarne alcuni). Se la Corte accetterà la richiesta del procuratore ed emetterà il mandato di arresto, le conseguenze potrebbero essere spiacevoli, soprattutto per Netanyahu e Gallant, poiché due dei tre leader di Hamas vivono già in clandestinità.
È la Corte Penale Internazionale a operare l’eventuale arresto? No. Essa non ha una propria forza di polizia, ma si affida ai singoli stati dello Statuto, con le modalità che abbiamo indicato in precedenza. Per esempio, in caso di emissione del mandato di arresto, se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu venisse in visita in Italia (paese che riconosce l’ICC, l’International Criminal Court) il governo sarebbe obbligato ad arrestarlo e a presentarlo all’Aia.
Si tratta di uno scenario plausibile? Non proprio. La Corte non può costringere gli stati a fare qualcosa che loro per primi non vogliono fare, per motivi di opportunità o di amicizia con le parti in causa. Tuttavia, Netanyahu e Gallant dovrebbero prestare molta più attenzione nei viaggi internazionali.
Perché non tutti i governi europei sono per così dire amici. Il Belgio sostiene la decisione del procuratore generale. Gli Stati Uniti invece non riconoscono la giurisdizione dell’ICC.