Nelle scorse ore i carrarmati israeliani sono entrati a Gaza dando il la a una reazione a catena difficilmente prevedibile. Quello che appare certo è che Israele non ha intenzione di ascoltare il monito del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Al centro della questione c’è anche il cosiddetto progetto E1 che, a lungo tenuto nel cassetto, ora sembra pronto alla realizzazione. Ponendo di fatto la parola fine alla possibilità di uno stato Palestinese. Il progetto E1 è un piano di costruzione israeliano che prevede la realizzazione di 3.500 nuove abitazioni in un’area strategica, di circa 12 chilometri quadrati, tra Gerusalemme Est e la colonia israeliana di Ma’ale Adumim. Il progetto include anche centri commerciali e zone industriali.
Questo piano, di fatto, taglierebbe definitivamente in due parti la Cisgiordania, rendendo impossibile per i palestinesi spostarsi liberamente nel loro territorio. Così, se da decenni si parla della possibilità che i palestinesi abbiano un loro Stato indipendente, con Gerusalemme Est come capitale, E1 renderebbe questo sogno impossibile. A pagare il prezzo più alto, le popolazioni locali, circa 2.000 beduini, che erano già stati trasferiti una volta dal deserto del Negev per fare spazio ad altre costruzioni israeliane, e che sarebbero costretti ad abbandonare le loro terre.

In tutto questo a giocare un ruolo fondamentale è stata ed è tuttora la Casa Bianca. Già nel 2005 l’allora premier israeliano Ariel Sharon fu costretto a bloccare E1 per le pressioni del presidente americano George W. Bush. Nel 2012 il copione si ripeté col secondo governo Netanyahu sul quale agirono Europa e USA in sintonia.
Ora, però, con la presidenza Trump, la questione è diversa. Bezalel Smotrich Ministro delle Finanze israeliano e leader del movimento dei coloni ha dichiarato che il progetto E1 “seppellisce la possibilità di uno Stato palestinese non con gli slogan ma con i fatti“.
E ciò che sta succedendo in queste ore lo conferma. Se per restare al potere Netanyahu ha bisogno del sostegno di partiti più estremisti, questo genere di azioni garantisce un supporto forte. La situazione è delicata. La possibilità di un’estensione ad interim del conflitto, con un crescendo di violenze, è più che mai reale.