La tanatoprassi è una tecnica di conservazione e igiene del corpo umano dopo la morte, impiegata principalmente per rallentare i processi di decomposizione, rendendo il defunto presentabile per l’ultimo saluto e garantendo condizioni igienico-sanitarie ottimali durante la veglia funebre.
Il termine deriva dal greco thanatos (morte) e prassein (praticare, agire). In sintesi, con tanatoprassi s’intende un insieme di interventi effettuati sul corpo di una persona deceduta per restituirle un aspetto il più possibile naturale e sereno, in modo che i familiari possano affrontare il lutto con maggiore conforto.
Il trattamento prevede una serie di operazioni delicate, eseguite da tanatoprattori specializzati. Si comincia con la disinfezione esterna del corpo, seguita dalla cosiddetta iniezione arteriosa, una tecnica che prevede l’introduzione di liquidi conservanti attraverso le arterie principali. Queste soluzioni chimiche, a base di formaldeide o composti alternativi meno tossici, permettono di rallentare la decomposizione e disinfettare i tessuti interni.

A ciò segue l’aspirazione dei liquidi corporei residui, tramite ago e aspiratore, e la cura estetica. Il viso, infatti, viene ricomposto, il corpo può essere truccato, acconciato e vestito, cercando di mantenere un aspetto dignitoso e conforme a come la persona appariva in vita. Le mani, inoltre, vengono sistemate, gli occhi chiusi con appositi dispositivi e, se necessario, si interviene anche su eventuali ferite, lividi o segni della malattia.
Attualmente questa pratica viene eseguita suoi pontefici defunti, seppur con modalità differenti rispetto alla tanatoprassi moderna. La tradizione vaticana, infatti, ha previsto per secoli un’imbalsamazione rituale. Per Papa Pio XII, ad esempio, nel 1958 è stata impiegata una tecnica non convenzionale che ha causato una rapida decomposizione del corpo, rendendo necessaria una chiusura anticipata della bara.
Un caso ben documentato, invece, è quello di Papa Giovanni Paolo II, il cui corpo è stato sottoposto a un trattamento di conservazione più rispettoso e discreto, compatibile con le moderne tecniche tanatoprattiche, anche se il Vaticano non ha mai confermato ufficialmente l’uso di prodotti chimici specifici. L’obiettivo era quello di rallentare la decomposizione durante l’esposizione pubblica nella Basilica di San Pietro, che è durata diversi giorni ed ha attirato milioni di fedeli da tutto il mondo.
Anche Papa Benedetto XVI, deceduto nel 2022, è stato esposto per la venerazione pubblica con un corpo in condizioni visibilmente serene e composte, segno di un trattamento post-mortem accurato, seppure nel rispetto della sobrietà imposta dalla liturgia vaticana. La stessa sorte riservata anche all’ultimo pontefice Francesco I.