Mentre a Udine l’Italia batteva Israele per 3 a 0 in una delle partite più controverse della recente storia calcistica degli azzurri, ai quali, da più parti, si chiedeva di non affrontare la nazionale di uno stato che si è macchiato di genocidio, a Roma andava in scena un altro match, con premesse e motivazioni diverse. Michele Riondino, Paola Turci, Anna Foglietta, Er Piotta e tanti altri, infatti, hanno disputato una gara “alternativa”.
L’appuntamento era alla stessa ora di inizio della sfida di Udine, le 20.45, a piazzale Ostiense, lo stesso luogo da cui partì la grande manifestazione del 4 ottobre scorso. Attori, cantanti gente comune si è mischiata ai palestinesi di Roma per una partita che per gli organizzatori “parlava di pace”. Michele Riondino, in perfetta tenuta calcistica ha spiegato:
“Siamo voluti tornare al calcio degli inizi, abbiamo chiamato un po’ di amici e siamo scesi a giocare in strada. Un modo per dire che il “calcio” ha sbagliato, questa partita non si doveva giocare e noi siamo qui per dirglielo“.
La partita del Campionato dei Diritti Umani è stata promossa dal Global Movement To Gaza insieme al Movimento Studenti Palestinesi in Italia, API, GPI, UDAP e Comunità Palestinese in Italia. Con le porte, fondamentali quando si parla di calcio, fornite da UISP, l’Unione Italiana Sport Per tutti.
Tra i partecipanti, anche Kento, rapper e scrittore da sempre impegnato nelle battaglie sociali, Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi e cofondatori di Tlon, casa editrice e spazio culturale dedicato alla filosofia.
Di fronte a questa squadra ha giocato una rappresentanza di ragazze e ragazzi palestinesi, uniti dal medesimo messaggio: lo sport come linguaggio universale per rivendicare pace, autodeterminazione e rispetto dei diritti umani fondamentali. La scelta di far incontrare queste due realtà su un campo da calcio improvvisato ha voluto simboleggiare non solo l’incontro tra culture, ma anche la bellezza di uno sport legato a doppio filo al nostro essere bambini.
L’evento, aperto al pubblico e completamente gratuito, ha richiamato centinaia di persone che hanno scelto di riempire Piazzale Ostiense per testimoniare la propria vicinanza al popolo palestinese. L’atmosfera non è stata quella di una partita competitiva, anzi, ma di una celebrazione collettiva dei valori di umanità, condivisione e resistenza pacifica.
Può il calcio, lo sport più popolare al mondo, essere neutrale rispetto alle questioni politiche e ai conflitti internazionali? Oppure ogni scelta, anche quella di giocare o non giocare una partita, rappresenta già di per sé una posizione? Gli organizzatori del Campionato dei Diritti Umani hanno dato una risposta chiara: lo sport non può e non deve essere separato dai valori umani fondamentali, e quando questi vengono calpestati, anche il campo da calcio può e deve diventare uno spazio di testimonianza e resistenza.