Villa Doria Pamphilj, uno dei parchi più estesi e frequentati di Roma, è stata chiusa al pubblico per la terza volta in un mese per consentire lo svolgimento di un vertice intergovernativo tra Italia e Grecia presso la Palazzina Algardi. I cittadini e le associazioni locali sono sul piede di guerra ormai e lamentano la crescente trasformazione del parco in una sede istituzionale a scapito della fruizione pubblica. Tanto più che le chiusure, secondo i diretti interessati, non sono comunicate con sufficiente anticipo.
La Palazzina Algardi, storica residenza barocca situata all’interno del parco, è recentemente diventata sede di rappresentanza della Presidenza del Consiglio. Questa nuova funzione ha comportato frequenti restrizioni all’accesso, limitando l’utilizzo del parco da parte dei cittadini.

I residenti e le associazioni, come l’Associazione per Villa Pamphilj, sottolineano la mancanza di trasparenza e comunicazione da parte delle autorità riguardo alle chiusure. Molti ritengono che il parco, essendo un bene pubblico, debba rimanere accessibile a tutti, e che l’uso istituzionale non debba compromettere la sua funzione di spazio verde per la comunità.
Villa Pamphilj, con i suoi circa 184 ettari, è uno dei principali polmoni verdi della capitale. Situata nel quartiere Gianicolense, tra via Aurelia Antica e via di San Pancrazio, deve il suo nome alla nobile famiglia Pamphilj, di origine umbra, che acquistò i terreni nel XVII secolo per volere del cardinale Giambattista Pamphilj, divenuto poi papa Innocenzo X.
La villa fu edificata a partire dal 1644, con un progetto architettonico affidato a Alessandro Algardi e Carlo Rainaldi. Il nucleo centrale del complesso è appunto la Palazzina Algardi, esempio raffinato di architettura barocca immersa in un parco monumentale. Nel corso dei secoli, la villa fu ampliata con giardini all’italiana, fontane, statue e boschi, assumendo l’aspetto di una tenuta principesca. Dopo l’Unità d’Italia, divenne proprietà dello Stato italiano e fu infine aperta al pubblico.