Pietro Pacciani ha declamato una sua poesia mentre testimoniava al processo che lo vedeva imputato per i 16 omicidi del Mostro di Firenze. Durante il processo, Pacciani si definì un timorato di Dio che mai avrebbe potuto commettere i delitti attribuiti ad un serial killer. Un giorno, forse per dimostrare la sua innocenza, decise di proclamare la sua poesia, proprio mentre veniva interrogato. “Io ho scritto una poesia“.
Se ni’ mondo esistesse un po’ di bene
e ognun si honsiderasse suo fratello
ci sarebbe meno pensieri e meno pene
e il mondo ne sarebbe assai più bello
Il giudice, niente affatto intenerito dall’amore universale recitato dal presunto omicida, gli disse “Bravo bravo, noi condividiamo. Ma ora siamo davanti alla Corte d’Assise e lei è imputato di sedici omicidi. Vorrei ricordarle che lei di questo si deve occupare”.
Dal memoriale dello stesso Pietro Pacciani, si apprende che durante la sua detenzione ha scritto diverse poesie. Le stesse gli furono prima sequestrate e poi restituite da Ruggero Perugini, lo 007 che scoprì la pista che portò all’arresto dello stesso Pacciani. “Perugini qualche giorno dopo ritornò portandomi le fotocopie delle poesie che avevo scritto in carcere e che mi aveva sequestrato“, si legge nelle pagine lasciate dall’imputato.
Pietro Pacciani fu condannato in primo grado dal tribunale di Firenze per sette degli otto duplici omicidi attribuiti al Mostro di Firenze. Il serial killer uccise in modo brutale sedici persone, tra il 1968 e il 1985, tutte coppie di giovani che si erano appartate nelle campagne fiorentine. Pacciani fu assolto in appello nel 1994, ma morì alla vigilia dell’inizio del secondo processo d’appello.