Proviamo a ripercorrere, brevemente, tutte le tappe dell’incidente politico delle scorse ore che ha visto come protagonista la ministra della Famiglia e alle Pari opportunità Eugenia Roccella (Fratelli d’Italia) le cui dichiarazioni sui viaggi d’istruzione ad Auschwitz hanno innescato una dura polemica politica e istituzionale. Durante il convegno dell’Ucei “La storia stravolta e il futuro da costruire”, organizzato al Cnel di Roma lo scorso sabato, Roccella ha affermato che le visite scolastiche al campo di concentramento sarebbero state utilizzate per confinare l’antisemitismo al solo periodo fascista, minimizzando così la riflessione sul problema nella società contemporanea. Una parola, in particolare, ha destato scandalo: gite.
“Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Secondo me sono state incoraggiate e valorizzate perché servivano effettivamente all’inverso. Servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo“, ha dichiarato Roccella davanti alla platea dell’Unione delle comunità ebraiche italiane.
La ministra ha proseguito sostenendo che l’obiettivo implicito di questi viaggi fosse quello di affermare che “il problema era essere antifascisti, non essere antisemiti”, evitando così un confronto autentico con il passato e con le radici profonde dell’odio antiebraico nella società italiana. Secondo Roccella, l’Italia non avrebbe mai fatto i conti fino in fondo con il proprio antisemitismo, che definirebbe “strisciante” e ancora presente.
In sostanza, secondo Roccella c’è stata una strumentalizzazione politica di uno strumento culturale importante, equiparato auna gita. Non solo, per lei l’antisemitismo non è solo il prodotto del nazifascismo (cosa che di fatto è stata, basi pensare alle leggi razziali del 1938 promulgate dal regime fascista prevalentemente contro gli ebrei) ma qualcosa di presente ancora oggi.

La risposta più autorevole e severa è arrivata dalla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz nel 1944, quando aveva solo 13 anni. “Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito ‘gite’ i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo. Quale sarebbe la colpa?“, ha dichiarato Segre con fermezza.
La senatrice ha poi ricordato il contesto storico in cui si consumò la Shoah: “Durante la Seconda guerra mondiale, in tutta l’Europa occupata dalle potenze dell’Asse, i nazisti, con la collaborazione zelante dei fascisti locali, compresi quelli italiani della RSI, realizzarono una colossale industria della morte per cancellare dalla faccia della terra ebrei, rom e sinti e altre minoranze“. Segre ha concluso dicendo: “La formazione dei nostri figli e nipoti deve partire dalla conoscenza della storia. La memoria della verità storica fa male solo a chi conserva scheletri negli armadi“.
Di fronte alle critiche montanti, la ministra Roccella ha difeso le proprie parole accusando le opposizioni di strumentalizzazione. “Delle mie chiarissime parole di oggi contro l’antisemitismo è stata data un’interpretazione distorta da chi è animato da cattiva coscienza e ha l’interesse a strumentalizzare per nascondere l’odio anti-ebraico che dal 7 ottobre ribolle senza freni a sinistra“, ha replicato la ministra, riferendosi agli attacchi di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023.
Roccella ha aggiunto che “immaginare che una persona come me, da sempre amica di Israele e degli ebrei, possa presentarsi di fronte all’Unione delle comunità ebraiche per pronunciare parole negazioniste, è ridicolo prima ancora che strumentale”. La ministra ha quindi annunciato che si presenterà volontariamente in audizione alla Commissione Segre contro l’odio e l’antisemitismo, dove intende chiarire le proprie posizioni direttamente alla senatrice a vita.
Nel suo intervento al convegno dell’Ucei, Roccella aveva anche criticato duramente la risposta della società italiana agli eventi del 7 ottobre, sostenendo che non ci sia stata “una reazione unanime di dolore e partecipazione” e che manchi una solidarietà convinta verso Israele. La ministra ha inoltre definito le università italiane “fra i peggiori luoghi di non-riflessione”, citando come esempio negativo la mozione del Senato accademico dell’Università di Bologna che ha votato per interrompere le collaborazioni con le università israeliane.