Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge che istituisce la festa nazionale di San Francesco d’Assisi, prevista il 4 ottobre. Tuttavia, il capo dello Stato ha inviato al Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa, al Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, una lettera in cui sottolinea alcune criticità della questione. “La medesima giornata del 4 ottobre – spiega – è qualificata sia festività nazionale, in onore di San Francesco d’Assisi, sia solennità civile, in onore di Santa Caterina da Siena“. Chi è allora Caterina da Siena e come mai è considerata, anch’ella patrona d’Italia?
Nata il 25 marzo 1347 nel cuore del rione di Fontebranda, nella contrada dell’Oca a Siena, Caterina di Jacopo di Benincasa viene al mondo come ventitreesima di venticinque figli. Suo padre Jacopo era un tintore di panni e, anche per questo, nessuno avrebbe mai immaginato che questa bambina del Trecento sarebbe diventata una delle figure più influenti della cristianità, proclamata santa, dottore della Chiesa e patrona d’Italia e d’Europa.
La vita di Caterina, però, prende una direzione straordinaria già all’età di sei anni, quando fa voto di verginità e inizia ad avere le prime visioni mistiche. Ma è a dodici anni che il suo destino si scontra violentemente con le aspettative della società medievale: i genitori avviano trattative per un matrimonio vantaggioso, come è consuetudine per le giovani dell’epoca. Caterina si oppone con fermezza, pur sapendo che per una donna del suo tempo le alternative sono estremamente limitate.

La situazione si fa ancora più complessa quando sua sorella Bonaventura muore di parto. La sua scomparsa, infatti, la segna profondamente spingendola a dichiarare apertamente di essersi votata a Dio e di non poter ritirare la parola data. Nel Medioevo, tuttavia, una donna che vuole consacrarsi alla vita religiosa deve entrare in monastero versando una dote sostanziosa, qualcosa che Caterina da Siena non possiede.
Ed è proprio allora che la giovane compie un gesto tanto drammatico quanto simbolico: si taglia i capelli. Parlando con un frate domenicano, si convince definitivamente del suo destino di sposa di Cristo, e quel taglio rappresenta la rottura con le aspettative familiari. La reazione, ovviamente, è durissima: Caterina viene isolata dalla famiglia e costretta ai lavori più umili della casa. Ma la sua determinazione non vacilla.
Un giorno, però, il padre, la sorprende in preghiera. Secondo la tradizione, quella visione lo colpisce profondamente tanto da comprendere l’autentica vocazione spirituale della ragazza. Da quel momento ordina che nessuno la ostacoli più nel suo percorso. Ed è proprio da quel momento che Caterina può finalmente pensare concretamente al suo futuro religioso, rivolgendo tutta l’attenzione alle Terziarie domenicane di Siena, conosciute come “mantellate” per il mantello nero che copre la loro veste bianca.
Ma anche questa strada si rivela difficile. Le mantellate, infatti, accettano tradizionalmente solo vedove o donne mature di buona reputazione, non vergini giovani come Caterina, che aveva appena superato i sedici anni. La priora, dunque, rifiuta la richiesta della madre ma è in quel frangente che la ragazza viene colpita da una malattia violenta, con febbri altissime e pustole che le sfigurarono il volto, facendola apparire più anziana e meno attraente.
La madre, allora, torna dalla priora con un messaggio disperato: Caterina sarebbe morta se non l’avessero ammessa nella confraternita. La priora, dunque, invia alcune consorelle anziane a verificare la situazione. Queste rimangono profondamente colpite sia dai lineamenti sfigurati della giovane sia dall’ardore del suo desiderio di ricevere l’abito domenicano. La loro testimonianza convince, dunque, la comunità: Caterina viene ammessa. La notizia la fa guarire rapidamente dalla malattia tanto che, nel 1363, a soli sedici anni, riceve l’abito dell’Ordine nella basilica di San Domenico.
Entrare tra le mantellate, tuttavia, non significa la fine delle difficoltà. La giovane, infatti, non ha esperienza di preghiere comuni e pratiche penitenziali. Non sapendo né leggere né scrivere, chiede aiuto a una consorella più istruita, ma senza risultati. Per tre anni, dunque, vive isolata dalle altre suore, in un periodo di intensa ricerca spirituale personale.
Gradualmente, arriva a sviluppare una sua particolare forma di spiritualità fondata sulla carità concreta. Caterina, infatti, ritiene che assistere gli ammalati e i poveri sia il modo più autentico per incontrare Cristo sofferente. Numerosi sono gli episodi tramandati della sua generosità: vestiti donati ai bisognosi, un mantello dato a un povero, cure prestate agli infermi più disagiati. Questa dimensione pratica della fede diventa il tratto distintivo della sua santità.
La sua capacità di coniugare mistica e azione concreta, preghiera e impegno sociale, attira l’attenzione ben oltre Siena. Diventa consigliera spirituale, mediatrice di conflitti, voce autorevole in questioni politiche ed ecclesiastiche. Il suo ruolo, ad esempio, è determinante nel convincere papa Gregorio XI a tornare da Avignone a Roma, ponendo fine alla cosiddetta “cattività avignonese” del papato.
Una vita intensa, dunque, destinata a terminare velocemente. Caterina, infatti, muore a Roma il 29 aprile 1380, a soli trentatré anni. Nonostante la breve esistenza, la sua eredità spirituale, teologica e culturale è immensa. Viene canonizzata nel 1461 da papa Pio II, mentre nel 1866 papa Pio IX la proclama patrona di Roma ma è Pio XII a dichiararla patrona d’Italia insieme a san Francesco d’Assisi nel 1939. La lunga strada di riconoscimenti, però, non finisce certo qua.
Nel 1970, il 4 ottobre, infatti, papa Paolo VI le conferisce il titolo di dottore della Chiesa, riconoscendo il valore universale del suo insegnamento teologico e mistico, una rarità per una donna nel contesto ecclesiastico. Infine, nel 1999, papa Giovanni Paolo II la proclama compatrona d’Europa.
La storia di Caterina da Siena, dunque, parla di una determinazione fuori dal comune, di una ribellione non violenta ma ferrea contro le convenzioni del suo tempo, di una donna che ha saputo trasformare la propria vulnerabilità in forza spirituale.