A 13 anni dall’uscita del film di Stefano Sollima, arriva oggi su Netflix la nuova serie ACAB. L’acronimo ACAB significa “All Cops Are Bastards”, tutti i poliziotti sono bastardi. Ed è spesso associato a movimenti di protesta contro l’abuso di potere e l’autorità, ma anche alle frange estreme delle tifoserie di calcio che identificano nei poliziotti dei nemici da combattere. Sebbene le sue origini precise siano incerte, si ritiene che la parola sia stata coniata in Inghilterra nella prima metà del XX secolo. Durante gli scioperi degli anni ’40, si diffuse la frase “All Coppers Are Bastards” (coppers vuol dire poliziotti nello slang inglese), successivamente abbreviata in ACAB.
Nel 1970, il termine ottenne visibilità pubblica grazie a un articolo del Daily Mirror, in cui si raccontava di un giovane multato per aver ricamato l’acronimo sulla sua giacca. Da quel momento, ACAB si radicò nella subcultura punk, diventando un grido di battaglia per anarchici e movimenti anti-autoritari.

Nel corso degli anni, ACAB è stato utilizzato con significati diversi e, talvolta, opposti. Nella cultura skinhead, sia gruppi razzisti che anti-razzisti hanno adottato l’acronimo, il che ha portato alla sua classificazione come simbolo controverso da parte di organizzazioni come l’Anti-Defamation League.
Negli ultimi anni, ACAB ha acquisito una nuova popolarità grazie ai social media, in particolare TikTok, dove hashtag correlati sono stati visualizzati centinaia di milioni di volte. Spesso compare su graffiti, abbigliamento e segnaletica nelle proteste, soprattutto quelle contro la brutalità della polizia negli Stati Uniti e altrove.
Anche se c’è una somiglianza fonetica, infine, non esiste alcun legame diretto tra l’acronimo ACAB e il protagonista del romanzo Moby Dick di Herman Melville. Il personaggio di Achab (Ahab in inglese), il capitano della Pequod, è una figura simbolica della letteratura ottocentesca, nota per la sua ossessione distruttiva nel cacciare la balena bianca. Si tratta quindi di una coincidenza.