Il nome di Goliarda Sapienza è collegato a L’arte della gioia, un romanzo dalla forza narrativa dirompente in grado di parlare, probabilmente per primo, di libertà di genere. E che è diventato una serie di Sky, diretta da Valeria Golino e presentata a Cannes ’24, disponibile dal 30 maggio. La sua personalità, però, non può essere certo incasellata solo all’interno di una specifica professionale. Goliarda, infatti, deve essere definita in molti e diversi modi come libera pensatrice, entusiasta della vita e ne sperimentatrice. Per non parlare delle forti passioni amorose che l’hanno sempre sconvolta senza alcuna distinzione di genere. Una donna libera e moderna, dunque, che ha attraversato alcuni dei decenni più difficili del novecento per quanto riguarda la condizione della donna senza mai dimenticare di esprimere la propria opinione.
Una famiglia di liberi pensatori
Alcuni talenti nascono dalla repressione altri dalla stimolazione familiare. Quello di Goliarda sapienza dipende assolutamente dalla seconda. Nata a Catania il 1924, è figlia dell’avvocato socialista Giuseppe Sapienza e della sindacalista Maria Giudice. La madre, in particolare, è anche la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino. Un esempio importante d’impegno e d’indipendenza, dunque, cui si aggiunge un’educazione assolutamente al di sopra di qualsiasi vincolo sociale. Il padre, ad esempio, decide di non farle frequentare la scuola per timore che venga esposta a influenze e imposizioni fasciste. Il suo nome, poi, deriva da quello di uno zio, il fratello del padre, ucciso presumibilmente dalla mafia.
Cinema e Letteratura
Considerate le caratteristiche della sua famiglia, dunque, Goliarda Sapienza non poteva che aspirare a rintracciare dei modi con cui esprimere tutta se stessa. Il primo è stato il cinema. Trasferitasi a Roma con la famiglia all’età di sedici anni, infatti, si iscrive all’Accademia nazionale d’arte drammatica. Dopo alcuni ruoli pirandelliani, però, ad attrarla è il cinema sotto la spinta di Alessandro Blasetti. In questo ambito, però, si limiterà sempre a delle piccole parti come, ad esempio, l’apparizione in Senso di Luchino Visconti. Il cinema, però, le fa incontrare l’amore. Questo è rappresentato da Citto Maselli, con il quale inizia una relazione durata ben diciotto anni. Una volta terminata, poi, si sposa con lo scrittore e attore Angelo Pellegrino.
Nonostante tutto, però, il grande amore della vita di Goliarda è stata la letteratura. Il suo primo romanzo è Lettera aperta del 1967, dove racconta la sua l’infanzia catanese. Segue Il filo di mezzogiorno nel 1969, all’interno del quale fa un resoconto della terapia psicanalitica con il medico messinese Ignazio Majore. Il titolo più importante, comunque, rimane sempre L’arte della gioia che sarà pubblicato completo nelle quattro parti che lo compongo solo dopo la sua morte avvenuta nell’agosto del 1996.
L’esperienza del carcere
Nel 1980 Goliarda Sapienza fece l’esperienza del carcere per aver rubato dei gioielli ad un’amica particolarmente benestante ed aver cercato di rivenderli al banco dei pegni con i documenti della cognata. Un momento che la scrittrice non ha assolutamente rinnegato e di cui, anzi, ha sempre parlato molto apertamente, avendole dato anche lo spunto per il romanzo L’università di Rebibbia del 1983 .
A casa mia si diceva che il proprio paese si conosce attraverso il carcere, l’ospedale e il manicomio. Quindi in carcere bisognava andarci. Lì ho potuto rinnovare il mio linguaggio. Mi ero imborghesita… Troppo lavoro intellettuale, troppa ricerca, troppo stare in mezzo agli intellettuali, troppi cavilli… Lì sono rinata.
Per quale motivo, però, arrivò a rubare i gioielli della sua amica. Alla base di tutto potrebbe esserci sicuramente la condizione economica sempre complicata in cui si è trovata a vivere. In realtà, però, sembra essersi trattato di una sorta di prova d’amore. Come la stessa Sapienza ha rivelato durante una delle poche interviste rilasciate, si era innamorata di questa donna con cui era legatissima.
Avevo proprio un’attrazione. L’ho messa come alla prova. Ho pensato, se mi denuncia è una carogna e non la vedo più. Così mi levo dalla testa questa ossessione. Se non mi denuncia significa che ho pensato male e le restituirò i soldi. Perché un’amica non si denuncia.