L’8 aprile di ogni anno ricorre in Giappone una festività molto importante, per i buddhisti e non solo: il cosiddetto Hana Matsuri, detto anche Kanbutsue, che in altri Paesi asiatici viene festeggiato in altri periodi dell’anno e in diversi modi, con processioni e vari tipi di cerimonie. L’occasione però è la stessa, ed è la celebrazione della nascita del Buddha storico, ossia Siddharta Gautama, l’antico principe che rinunciò agli agi di corte per dedicarsi a una vita ascetica, e che in seguito fondò il Buddhismo. Raccontiamo la sua storia proprio qui.
Il principe Siddharta Gautama nasce intorno al 566 a.C. a Lumbini, nel sud del Nepal, dal raja Suddhodana e dalla moglie Maya che muore a soli 7 giorni dal parto; la sua appartenenza a una ricca famiglia del clan degli Śākya vale a Siddharta anche l’appellativo di Śākyamuni. Il piccolo cresce nello sfarzo più sfrenato e mostrando sin dall’infanzia una forte tendenza contemplativa, nonostante il suo ruolo di erede al trono. All’età di 29 anni decide di avventurarsi fuori dalla reggia per visitare il mondo, ma rimane sconvolto dalla crudeltà e dalla miseria a cui assiste, perdendo interesse nei confronti delle ricchezze e delle comodità da cui è solitamente circondato.
Qualche tempo dopo, inseguito all’incontro con un sereno monaco mendicante, Siddharta decide non solo di rinunciare per sempre alle sue ricchezze ma anche di lasciare la famiglia (compresa la moglie e il figlio appena nato) per dedicarsi a una vita ascetica e mettersi alla ricerca dell’illuminazione. Egli si sposta di luogo in luogo, affidandosi alla meditazione e al consiglio di vari maestri del posto; egli raccoglie alcuni discepoli sottoponendosi a diete e pratiche ascetiche assai severe, ma comprende in seguito che la vera meditazione può essere raggiunta solo se il corpo è in forma: l’abbandono delle sue pratiche estreme gli vale il disappunto dei discepoli, che si separano da lui.
Secondo le tradizioni buddhiste, per Siddharta l’illuminazione arriva nel 530 a.C., dopo settimane di preparazione sotto un albero di fico a Bodh Gaya: dopo aver meditato per tutta la notte raggiunge infine il Nirvana, oltre il quale decide di prolungare ulteriormente la sua seduta di meditazione. Diverse settimane dopo, egli ha raggiunto un grado superiore di consapevolezza, oltre a carpire l’essenza di quella dottrina che vuole ora diffondere in tutto il mondo, per consentire a tutti di “aprire i cancelli dell’immortalità”.

Il Buddha torna allora sui suoi passi e si mette alla ricerca dei suoi principali discepoli: essi rimangono conquistati dal suo aspetto radioso e sereno, e tornano a considerarlo un maestro. È in questa occasione che lui esprime la dottrina della “via di mezzo“, apportatrice di chiara visione e conoscenza, che si oppone a due forme di estremismo: quello del mero appagamento dei sensi e quello dell’automortificazione, entrambi dannosi per l’uomo. Egli espone anche le sue quattro nobili verità:
- Verità del dolore;
- Verità dell’origine del dolore;
- Verità della cessazione del dolore:
- Verità della via che porta alla cessazione del dolore.
Negli anni che seguono, il Buddha e i suoi discepoli viaggiano predicando e accogliendo nuovi proseliti; nuove comunità monastiche vengono fondate nelle località in cui essi si soffermano, e accolgono chiunque voglia farne parte a prescindere dalla casta o dall’estrazione sociale di appartenenza: l’unica condizione è l’accettazione delle regole della nuova dottrina. Il primo non asceta a convertirsi è il mercante Yasa, il cui esempio è seguito dalla sua intera famiglia, portando a numerose altre conversioni. Dopo lunghe peregrinazioni e innumerevoli conversioni, il Buddha si reca anche nella sua città natale, dove procede nel convertire l’intero clan dei Sakya a cominciare da suo padre, e convertendo infine l’intera regione.
Nonostante l’immenso supporto ricevuto, il Buddha sfugge miracolosamente a diversi tentativi di assassinarlo da parte del monaco rivale Devadatta, che spera di spodestarlo nella guida del Sangha e imporre alla comunità regole di vita molto severe. Al rifiuto del Buddha, che preferisce applicare pratiche austere solo su base volontaria, Devadatta lo abbandona optando per uno scisma dal Sangha. Il Buddha, ormai in età avanzata, muore nel 486 a.C. nella regione indiana del Kushinagar, circondato dai più fedeli discepoli.