Charles Bukowski, noto per il suo stile di vita eccessivo e per la sua prosa schietta e brutale, si spense il 9 marzo 1994 all’età di 73 anni. La sua morte non fu causata dall’alcol o dagli eccessi, come molti avrebbero immaginato, ma dalla leucemia, diagnosticata nella primavera del 1993. Nonostante la malattia, continuò a scrivere fino alla fine, completando il suo ultimo romanzo “Pulp” poco prima di morire. Fu ricoverato al San Pedro Peninsula Hospital, dove spirò accanto alla moglie Linda Lee Beighle.
Per tutta la vita, Bukowski aveva abbracciato un’immagine di poeta maledetto, autore di opere che esploravano il degrado urbano, l’alcolismo, il sesso e la disperazione quotidiana. Ironia della sorte, la sua fine fu segnata da una malattia che poco aveva a che fare con il suo stile di vita autodistruttivo. Si dice che avesse accettato la diagnosi con il suo tipico cinismo, senza grandi rimpianti, e avesse continuato a lavorare fino all’ultimo respiro.

Il suo funerale fu altrettanto singolare quanto la sua esistenza. Invece di una celebrazione caotica, segnata da bottiglie di vino e vecchi amici di bar, il rito fu officiato da monaci buddhisti. Questo dettaglio sorprese molti, considerando la personalità di Bukowski e il suo scetticismo verso la spiritualità. Tuttavia, la scelta si deve probabilmente alla moglie Linda, praticante buddhista. Circolò anche un’ironica leggenda metropolitana secondo cui i monaci furono chiamati perché le spogliarelliste lesbiche, che si pensava potessero animare il funerale, rifiutarono di esibirsi.
La scena risultò grottesca: monaci recitavano preghiere seduti accanto a bottiglie d’acqua minerale, mentre un cartello con la scritta “Hank” (il soprannome di Bukowski) pendeva alle loro spalle.