Dal 28 ottobre 1886, giorno in cui è stata inaugurata, la Statua della Libertà domina con la sua figura imponente il porto di New York e l’entrata alla città dal mare. Ma cosa rappresenta effettivamente e per quale motivo diverse generazioni di immigrati hanno visto in lei un segno di speranza per un futuro migliore? Realizzata dallo scultore francese Frédéric Auguste Bartholdi, la statua raffigura una donna, allegoria della Libertas, divinità romana della libertà, che tiene in mano una torcia e una tavola con incisa la data della Dichiarazione d’Indipendenza. Ai suoi piedi, una catena spezzata simboleggia la liberazione dalla tirannia.
In effetti i francesi hanno fatto dono di quest’opera in occasione del centenario della Dichiarazione d’Indipendenza americana sperando che diventasse un simbolo ed una icona di democrazia. Un ruolo che ha vestito per diversi decenni nelle molte fasi migratorie ma che, con la revisione e la ricostruzione storica, ha perso nel corso degli anni.
Oggi la Statua della Libertà è ancora collocata nel suo luogo originale, su Liberty Island, a guardia di quella che, per diversi secoli, è stata considerata l’entrata del più grande porto del mondo. Il suo potere simbolico è ancora forte ma non inoppugnabile. A scalfire l’ideale di democrazia rappresentato nel passato, infatti, sono state proprio le politiche migratorie degli Stati Uniti trasformandola nell’immagine di un passo troppo idealizzato. Una storia perfettamente ricostruita nei locali di Ellis Island, dove le speranze di un’umanità in affanno si sono infrante o nettamente ridimensionate.