Nel 1934, un’immagine pubblicata dal Daily Mail il 21 aprile, cambiò per sempre la storia del mostro di Loch Ness. Essa mostrava un lungo collo affiorare dalle acque, con un aspetto che richiamava una creatura preistorica. Da quel momento, l’esistenza di Nessie sembrò avere una prova concreta. Ma, come ogni favola che si rispetti, era tutto finto. Anzi, molti anni dopo, si rivelò essere una delle più ingegnose bufale del Novecento.
L’autore apparente dello scatto era uno stimato medico di Londra, il ginecologo R. Kenneth Wilson, che disse di aver fotografato il mostro mentre viaggiava con un amico vicino a Inverness. La sua reputazione accademica contribuì a rendere la foto estremamente credibile. Nessuno immaginava che un professionista rispettato potesse prendere parte a un inganno.

La verità emerse solo nel 1994, grazie al lavoro del ricercatore Alastair Boyd, affascinato dal mito dopo aver riferito di aver visto personalmente una grande creatura nel lago nel 1979. Insieme all’amico David Martin, Boyd rintracciò un vecchio ritaglio di giornale del 1975, in cui Ian Wetherell – figlio del cacciatore Marmaduke Wetherell – affermava che la celebre immagine fosse un falso. Il dettaglio che colpì Boyd fu la menzione del paesaggio sullo sfondo, presente solo nell’unica versione integrale della foto pubblicata nel 1934. Questo indizio suggeriva che Wetherell fosse direttamente coinvolto nella messa in scena.
Boyd e Martin riuscirono a rintracciare Christian Spurling, figliastro di Wetherell, ormai novantatreenne e in fin di vita. Fu lui a confessare tutto: il falso era stato ideato come vendetta del patrigno contro il Daily Mail, che lo aveva umiliato pubblicamente dopo un precedente falso avvistamento del mostro con impronte rivelatesi appartenenti a un piede d’ippopotamo imbalsamato. Spurling realizzò un piccolo modello del mostro, unendo una testa scolpita in legno alla torretta di un sottomarino comprato in un negozio di giocattoli. Ian Wetherell e suo padre lo fotografarono nel lago, facendo attenzione a includere un tratto reale dello scenario di Loch Ness. Per rendere credibile l’origine dello scatto, coinvolsero il medico Wilson, tramite un amico in comune, affinché vendesse l’immagine al Daily Mail.
Lo stratagemma funzionò alla perfezione. L’immagine divenne iconica e resistette decenni prima che la verità venisse alla luce. Nonostante la confessione, alcuni dubbi rimasero: il giornalista americano Richard Smith, ad esempio, espresse scetticismo sulla capacità dei sottomarini giocattolo dell’epoca di sostenere la struttura, e sollevò interrogativi sul perché Boyd avesse atteso la morte di Spurling per rivelare tutto.
Ironia della sorte, proprio Boyd, colui che contribuì a smascherare la più celebre “prova” dell’esistenza di Nessie, rimase fermamente convinto della presenza di una creatura nel lago. Tanto da dichiarare: “Quello che ho visto non era un tronco, un’otaria o un’onda. Era un animale grande, almeno sei metri. Se potessi, passerei la vita a cercare di rivederlo“.