Si avvicina la notte di San Lorenzo, quella in cui sarà maggiormente visibile per noi lo sciame delle Perseidi, chiamate anche “Lacrime di San Lorenzo” o semplicemente stelle cadenti; e quando il cielo di agosto si accende con questo spettacolo, sono in molti ad alzare gli occhi e ad aspettare di scorgere una scia luminosa, pronti a chiudere gli occhi e a sussurrare un desiderio. Ma da dove proviene questa tradizione? E cos’è che nel corso dei secoli ha trasformato un fenomeno celeste in un rituale quasi magico?
Come abbiamo appena accennato, le stelle cadenti non sono vere stelle ma frammenti di roccia e polvere, spesso residui di comete come la Swift-Tuttle, che bruciano entrando nell’atmosfera terrestre. Nel mese di agosto la Terra attraversa lo sciame meteorico delle Perseidi, regalandoci uno spettacolo di luci che sembra un dono del cosmo. Per gli scienziati si tratta di un fenomeno naturale affascinante ma spiegabile; per i nostri antenati, però, quelle scie luminose erano messaggi divini, segni di dei o spiriti che attraversavano il cielo. Ed è in questo intreccio di scienza e mito che nasce l’usanza di esprimere un desiderio.
Fin dall’antichità le stelle cadenti hanno ispirato storie straordinarie: nell’antica Grecia si pensava fossero anime che lasciavano il cielo per scendere sulla Terra, o che salivano verso l’Olimpo; secondo un celebre mito sarebbero i frammenti del corpo di Fetonte, figlio di Apollo, ucciso dalle saette di Zeus dopo aver perso il controllo del carro solare del padre e aver causato danni in cielo e in terra (tra cui la formazione dei deserti, a causa della troppa vicinanza del sole). I Romani le vedevano come presagi, a volte di buon auspicio e altre di sventura; il Cristianesimo le lega al martirio di San Lorenzo, associandole alle lacrime del santo mentre bruciava sulla graticola. In altre culture erano considerate frammenti di paradiso, spiriti in movimento o doni degli dei, rendendo naturale affidare loro un desiderio.

Ma perché un desiderio? Una stella cadente appare in un lampo e svanisce in pochi secondi, proprio come i momenti più preziosi della vita. Esprimere un desiderio in quel brevissimo lasso di tempo ci costringe a concentrarci su ciò che davvero vogliamo, a distillare i nostri sogni in una frase silenziosa. È un atto di fiducia, un modo di credere che il caso, o forse il destino, possa ascoltarci. Se, come scriveva l’astronomo Claudio Tolomeo nel II secolo, le stelle sono “specchi dell’anima umana”, guardarle ci spinge a cercare significato, a sperare che i nostri desideri trovino un posto nell’universo.
In Italia la tradizione è particolarmente sentita: sono migliaia le persone che si riuniscono su spiagge, colline o terrazze durante la notte di San Lorenzo, sperando di cogliere una scia luminosa: è un rito collettivo che unisce diverse generazioni, dai bambini che desiderano un giocattolo agli amanti che sognano un futuro insieme, agli anziani che chiedono salute o pace. In un mondo sempre più cinico e frenetico, fermarsi a guardare il cielo è un gesto di pausa, di meraviglia; le Perseidi ci ricordano che anche le cose più fugaci possono lasciare un segno, o almeno un momento per sognarlo.