Nel linguaggio giornalistico, il termine “coccodrillo” indica un necrologio o un articolo commemorativo pubblicato subito dopo la morte di una celebrità. Questo termine ha origini curiose e una lunga storia nel panorama dell’informazione. L’etimologia del termine “coccodrillo” non è certa, ma esistono diverse teorie che cercano di spiegarne l’uso nel contesto giornalistico:
Un’interpretazione diffusa collega il termine alla locuzione “lacrime di coccodrillo”, che indica un pianto ipocrita o esagerato. I necrologi, infatti, tendono a essere eccessivamente encomiastici, descrivendo il defunto in modo idealizzato e talvolta poco aderente alla realtà.
Forse la spiegazione più realistica è quella tipografica. Nei tempi antichi, infatti, il “coccodrillo” indicava un testo già impaginato e pronto alla pubblicazione, proprio come si fa con i necrologi preparati in anticipo quando si conosce lo stato di salute incerto di un personaggio famoso.

Questi testi “preconfezionati”, pronti per essere pubblicati alla notizia del decesso, sono una pratica quanto mai diffusa nel mondo giornalistico e non hanno nulla di irrispettoso.
I coccodrilli seguono una struttura ben precisa:
A un’introduzione con l’annuncio della morte con riferimenti essenziali, segue una biografia con una sintesi della vita della celebrità e della sua carriera. Si passa poi all’analisi dell’eredità lasciata dal personaggio nel proprio campo e ad eventuali dichiarazioni di familiari, colleghi e amici.
Insomma, quasi un genere a sé. Che spesso, come capita ai necrologi del New York Times propone pezzi di qualità narrativa altissima.