Nel 2022, Todd Field ha firmato un film, Tár, che passerà alla storia oltre che per la straordinaria interpretazione di Cate Blanchett, anche per un’altra caratteristica: sembra in tutto e per tutto un biopic, ma la protagonista della storia, la celebre direttrice d’orchestra Lydia Tár, non esiste. Come mai? Diciamo che la storia inganna benissimo. La protagonista è immersa in un mondo riconoscibile, con nomi reali, situazioni plausibili e dettagli minuziosi. Blanchett è così intensa da farci credere di assistere a un documentario e non a una finzione. Cosa che invece è.
Field, regista e sceneggiatore, ha scritto il personaggio partendo da zero, ma l’ha fatto con così tanti dettagli da indurre molti a credere che si trattasse di una biografia. Il film si apre con un’intervista reale, con Adam Gopnik del New Yorker che interpreta sé stesso, e prosegue disseminando riferimenti autentici. Da Leonard Bernstein a Simon Rattle, dai premi EGOT (Emmy, Grammy, Oscar, Tony) alla celebre Mahler’s Fifth Symphony. Ogni scena è girata con la precisione di un documentario.

A rendere Lydia Tár così vera è anche la sua complessità morale: è geniale, ma arrogante, manipolatrice, ma fragile, appassionata, ma spietata. Il film racconta il suo declino in seguito a uno scandalo di abuso di potere e molestie psicologiche. In un’epoca segnata dal #MeToo, il pubblico riconosce nella sua figura dinamiche già viste con personaggi come Harvey Weinstein o James Levine, direttore della Metropolitan Opera di New York, anch’egli travolto da accuse di abuso. La differenza è che, in Tár, a interpretare il carnefice è una donna, e ciò ha generato non poche polemiche.
Una delle critiche più forti è venuta da Marin Alsop, una vera direttrice d’orchestra americana, anche lei allieva di Bernstein e prima donna a dirigere la “Last Night of the Proms” nel 2013. In molti hanno ipotizzato che Tár sia ispirata alla sua carriera. Alsop, però, ha dichiarato di essere rimasta “offesa come donna, come direttrice, come lesbica”, sottolineando come il film rischi di rafforzare stereotipi negativi in un settore dove le donne faticano ancora a farsi spazio. E non è un dettaglio.
Cate Blanchett ha studiato direzione d’orchestra con la maestra Natalie Murray Beale, rendendo ogni gesto – dalla tecnica con la bacchetta ai silenzi autoritari – assolutamente credibile. La sua interpretazione è così realistica da far dimenticare allo spettatore di essere al cinema.