Quante volte avete sentito parlare di “cameo” per indicare brevi apparizioni nei film. Il termine deriva dall’italiano “cammeo”, delle piccole opere con un rilievo inciso su pietre dure come onice o agata, usate per ornamenti artistici. Anche in inglese la parola cameo si riferisce a oggetti artistici di dimensioni non rilevanti. Con il tempo, il suo significato si è esteso dalla scultura all’ambito letterario e, infine, a quello cinematografico. In questo caso, si parla di un’interruzione minima ma significativa nel corso della narrazione, capace di colpire e coinvolgere lo spettatore.
Il termine “cameo appearance” in ambito cinematografico appare negli anni ’20-’30, in parallelo con la diffusione di film in cui personalità note facevano brevi apparizioni, spesso per sorprendere o divertire il pubblico.
Una delle figure che ha reso celebre questa pratica è Alfred Hitchcock, il quale ha inserito i propri camei in quasi tutti i suoi film.

Ed eccoci al perché si usa questa parola: essa ricalca l’idea del cammeo artistico, un piccolo oggetto finemente lavorato, concentrato e prezioso. Cosa fa di un cameo un cameo? La persona che appare deve essere riconosciuta dal pubblico, deve essere breve, senza alterare la trama principale. E spesso contiene un significato simbolico o ironico per chi riconosce il personaggio. Insomma, è una presenza meta-narrativa, in cui la consapevolezza dello spettatore viene stimolata dalla presenza della star.
Non solo Hitchcock. Un altro cultore del cameo è Stan Lee. Il creatore dei fumetti Marvel ha fatto un cameo in quasi tutti i film del Marvel Cinematic Universe. E anche Quentin Tarantino ama firmare le sue pellicole con una breve apparizione. Altri camei celebri sono quelli di Peter Jackson in “Il Signore degli Anelli” e Martin Scorsese in alcuni dei suoi stessi film (come Taxi Driver).