Secondo la liturgia cristiana durante il venerdì santo, strettamente legato con la celebrazione della passione e la morte di Cristo, non viene consumata carne. Una regola che, stando al Codice di Diritto Canonico, si sarebbe dovuta estendere a tutti i venerdì dell’anno ma che, in questa particolare occasione, viene rispettata da molti proprio per omaggiare, attraverso la proprio rinuncia, le sofferenze subite da Gesù sulla croce.
Secondo l’Antico testamento, la rinuncia alla carne è un modo simbolico per evitare una forma di piacere. Nei tempi antichi, infatti, questo alimento era considerato una sorta di “lusso” da consumarsi preferibilmente durante le feste e le celebrazioni particolari come i matrimoni La carne, dunque, è stata scelta come forma di privazione, di sacrificio per riflettere ed onorare quello di Cristo. Oltre a questo, poi, si credeva fermamente che la carne, in particolare quella rossa, andasse a stimolare gli istinti più primordiali e animaleschi dell’uomo, tra cui la libido.
“Non ogni carne è uguale”
Considerato questo, dunque, cosa si può consumare durante il venerdì santo e, soprattutto, il divieto coinvolge tutti i tipi di carne? Stando a quanto scritto da San Paolo nella sua Prima Lettera ai Corinzi “non ogni carne è uguale”. In questo senso, dunque, si fanno delle eccezioni per la carne dei pesci. Secondo la Chiesa, infatti, il loro consumo non darebbe alcun piacere al palato e, quindi, non risulterebbero inappropriate per la sofferenza che viene celebrata.
Anche in questo caso, però, si preferirebbe sempre una preparazione semplice e non troppo articolata, volta al normale sostentamento e non alla degustazione di una prelibatezza.