Bella Ciao è oggi uno dei simboli universali della Resistenza al fascismo e dell’opposizione a ogni forma di oppressione, ma la sua origine è più complessa e stratificata di quanto comunemente si creda. Contrariamente all’idea diffusa che si tratti di un canto nato direttamente nei ranghi partigiani durante la Seconda guerra mondiale, Bella Ciao ha radici più antiche, riconducibili a tradizioni popolari e canti di lavoro.
Secondo numerosi studi storici e musicologici – tra cui quelli dell’etnomusicologo Roberto Leydi e della Fondazione Luigi Micheletti – la melodia deriva da un canto delle mondine, le lavoratrici stagionali delle risaie della Pianura Padana, intonato già a fine Ottocento come espressione di protesta contro le dure condizioni di lavoro. Questa versione – spesso chiamata Alla mattina appena alzata – ha struttura e incipit molto simili a Bella Ciao e ne costituisce il probabile precursore diretto.
La trasformazione del canto in Bella Ciao partigiana avvenne con ogni probabilità tra il 1943 e il 1945, durante la Resistenza al nazifascismo in Italia, anche se non fu il canto più diffuso tra i partigiani all’epoca. Come sottolineato dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, molti brani più conosciuti durante il conflitto furono Fischia il vento o La Brigata Garibaldi, più legati alla realtà dei combattimenti. Bella Ciao conobbe infatti una diffusione più ampia solo nel secondo dopoguerra, quando fu adottata nei raduni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) e nelle manifestazioni politiche di sinistra, assumendo un ruolo simbolico sempre più forte.
La versione partigiana racconta, con un tono lirico e personale, la storia di un combattente che lascia la propria casa per unirsi alla lotta armata, accettando anche l’eventualità della morte. La struttura è semplice, quasi una filastrocca, ma il contenuto trasmette una profonda dignità, senso del sacrificio e consapevolezza storica.
Il testo di Bella ciao
Una mattina mi son svegliato,
oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno “Che bel fior!”“È questo il fiore del partigiano”,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
“È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!”
L’ascesa internazionale del brano inizia negli anni Sessanta grazie ai movimenti pacifisti e operai europei, e trova nuovo slancio negli anni Duemila, grazie anche a reinterpretazioni artistiche e mediatiche. Particolarmente influente è stato l’uso di Bella Ciao nella serie La Casa di Carta di Netflix, che ha portato il brano a un pubblico globale, rafforzandone il valore simbolico di resistenza universale.