L’esistenza di Alfred Nobel ha del paradossale: diventato ricco e famoso tra i suoi contemporanei per l’invenzione della dinamite (brevettata tra l’altro il 7 maggio 1867) e definito per questa ragione un “mercante di morte“, ebbe un ripensamento nei suoi ultimi anni, diventando un filantropo e istituendo quelli che poi sarebbero diventati i Premi Nobel. Vi raccontiamo la sua storia in questo articolo.
Alfred Nobel nacque il 21 ottobre 1833 a Stoccolma da una famiglia di ingegneri e sognatori, discendente dello scienziato seicentesco Olaus Rudbeck. Suo padre Immanuel era un inventore brillante ma sfortunato che nel 1838, dopo una bancarotta, trascinò la famiglia da Stoccolma a San Pietroburgo in cerca di riscatto. Istruito privatamente, Alfred si rivelò un prodigio e si immerse nello studio della chimica sotto la guida del professore Zinin. A 17 anni partì per Parigi, dove nei laboratori di Théophile-Jules Pelouze conobbe Ascanio Sobrero, l’inventore della nitroglicerina: quel liquido instabile e potente accese in lui una scintilla. Dopo un soggiorno negli Stati Uniti, dove brevettò un contatore a gas, Alfred tornò in Europa, pronto a lasciare il suo segno.
Negli anni ’60 dell’800 l’industria degli esplosivi era un campo pericoloso e stagnante, dominato dalla polvere da sparo; la nitroglicerina scoperta da Sobrero prometteva potenza, ma era troppo instabile per essere maneggiata. Alfred, però, vide un’opportunità: nel 1863 inventò un detonatore più sicuro, e nel 1865 perfezionò il tappo di sabbiatura. Il 3 settembre 1864 un’esplosione nel laboratorio di famiglia uccise suo fratello Emil e altre 4 persone; lungi dall’arrendersi, Alfred si mise al lavoro con ancora più determinazione. In uno stabilimento a Geesthacht, in Germania, mescolò la nitroglicerina con farina fossile o segatura compressa creando un esplosivo stabile, maneggevole e rivoluzionario. Nacque così la dinamite, brevettata nel 1867.

La dinamite trasformò l’industria mineraria, ferroviaria e edile, ma trovò anche uso in guerra. Nobel, diventato un magnate con laboratori in 20 Paesi, tra cui quello di Avigliana vicino Torino, non si fermò: nel 1875 inventò la gelignite, ancora più potente, e nel 1887 la balistite, precursore della cordite; con 360 brevetti e la gestione di colossi come la Saab Bofors Dynamics, la sua ricchezza crebbe vertiginosamente. Eppure egli non era solo un uomo d’affari: riconobbe la paternità della nitroglicerina a Sobrero, garantendogli un vitalizio, e continuò a sperimentare, spinto da una curiosità insaziabile.
Nonostante il successo, Nobel era un uomo tormentato e la sua coscienza vacillava di fronte all’uso bellico delle sue invenzioni. La svolta definitiva arrivò nel 1888, quando un errore giornalistico lo colpì come un fulmine: alla morte del fratello Ludvig, un giornale francese pubblicò per sbaglio il necrologio di Alfred, definendolo “il mercante di morte” che “si era arricchito uccidendo più persone nel modo più rapido possibile”. Quelle parole lo perseguitarono. Influenzato anche dalla pacifista Bertha von Suttner, sua segretaria e voce critica, Nobel decise di riscrivere la sua eredità.
Il 27 novembre 1895, a Parigi, redasse un testamento rivoluzionario: destinò quasi l’intero patrimonio – circa 30 milioni di corone svedesi, pari a 180 milioni di euro odierni – a un fondo per premiare chi, ogni anno, avesse contribuito al progresso dell’umanità in fisica, chimica, medicina, letteratura e pace. Nacque così il Premio Nobel, un’idea che trasformò il suo nome in un simbolo di eccellenza e speranza. L’ultimo premio, quello per l’economia, fu aggiunto nel 1968 dalla Banca di Svezia, ma i cinque originali restano il cuore della sua visione.
Filantropo e poeta dilettante, Nobel sognava di dedicarsi alla letteratura ma non abbandonò mai la scienza; non si sposò, anche se amò profondamente la giovane austriaca Sofie Hess dal 1876. Tormentato dalle implicazioni delle sue invenzioni, trovò nella filantropia un modo per placare i suoi demoni. Morì il 10 dicembre 1896 a Sanremo, stroncato da un’emorragia cerebrale, nella sua villa sulla Riviera ligure. Il suo corpo tornò in Svezia, dove riposa a Stoccolma, ma il suo nome continua a vivere in ogni scienziato, scrittore o pacifista che riceve il Nobel.