“Radicale, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, antimilitarista, nonviolento e gandhiano“: così si definiva Marco Pannella, al secolo Giacinto Pannella, fondatore e punto di riferimento del Partito Radicale, che proprio oggi 2 maggio avrebbe compiuto 95 anni. Approfittiamo di questa ricorrenza per raccontare la sua storia e il suo operato, che in realtà è difficile da contenere in semplici etichette.
Marco Pannella nasce appunto il 2 maggio 1930 in una famiglia della borghesia abruzzese, e cresce in un ambiente bilingue e aperto a idee contrastanti: la sua casa a Teramo è un crocevia di fascisti, antifascisti, ebrei e stranieri, un mosaico che plasma il suo spirito liberale e antirazzista. Già da bambino scopre l’orrore delle leggi razziali quando una compagna di scuola ebrea è costretta a fuggire; durante la guerra, sfollato con la famiglia, ascolta alla radio l’annuncio della caduta del fascismo e assiste alla ritirata dei Tedeschi. Da quel momento si convince che la libertà non sia un dono, ma una conquista.
In giovinezza si avvicina alla politica, iscrivendosi al Partito Liberale Italiano nel 1945: è l’inizio di un percorso che lo porterà a dialogare con giganti come Benedetto Croce e a fondare, negli anni ’50, il Partito Radicale insieme a Ernesto Rossi, Mario Pannunzio, Leo Valiani ed Eugenio Scalfari. Non si tratta solo un partito ma un laboratorio di idee, un luogo dove le ideologie tradizionali vengono costantemente sfidate.
Negli anni ’60 e ’70, in un’Italia ancora prigioniera di un rigido conformismo, Pannella diventa il volto delle battaglie civili: con la Lega Italiana per il Divorzio contribuisce a far approvare nel 1970 la legge Fortuna-Baslini che introduce il divorzio, e a far vincere il referendum del 1974 contro chi vuole abrogarla. Pannella non si ferma qui: sostiene la legge sull’aborto del 1978, la depenalizzazione delle droghe leggere, l’obiezione di coscienza al servizio militare e i diritti dei detenuti. Ogni causa è una crociata, ogni sciopero della fame – ne fa decine, alcuni dei quali molto lunghi – è un grido per la “vita del diritto”.

Pannella non si limita a parlare ma agisce, anche a costo di farsi arrestare: fuma uno spinello in pubblico, distribuisce hashish per denunciare il proibizionismo, occupa gli studi RAI per protestare contro il monopolio dell’informazione. Le sue azioni, ispirate alla nonviolenza di Gandhi e Martin Luther King, sono provocazioni calcolate, gesti per scuotere le coscienze. Nel 1976 fonda Radio Radicale, una voce libera che ancora oggi è un baluardo di trasparenza, trasmettendo persino le sedute parlamentari.
In ambito politico egli sfugge alle ideologie rigide, preferendo costruirsi la propria bussola morale; diventa deputato, europarlamentare, consigliere comunale e regionale, ma si dimette spesso dai mandati per lasciare spazio ad altri, come Emma Bonino, che fa nominare commissario europeo. Negli anni ’80 e ’90 trasforma il Partito Radicale in un movimento di lotta per i diritti umani globali, dalla moratoria sulla pena di morte all’istituzione della Corte Penale Internazionale; la sua amicizia con il Dalai Lama e il sostegno al Tibet sono simbolo di un impegno che non conosce confini.
Per i suoi sostenitori Pannella è un profeta della libertà, per i detrattori un provocatore incoerente, troppo prolisso e difficile da incasellare. Eppure anche chi non lo capisce non può ignorarlo: alla sua morte nel 2016 l’Italia rende omaggio a un anticonformista nato, sempre pronto a scandalizzare per difendere il diverso.