Sophie Scholl, giovane studentessa tedesca, si oppose al regime nazista con straordinario coraggio. A soli 21 anni, sfidò Hitler e il terrore della dittatura, pagando con la vita la sua lotta per la libertà. Membro della “Rosa Bianca”, un gruppo di resistenza studentesca, Sophie distribuì volantini che denunciavano i crimini del nazismo e invitavano i tedeschi alla ribellione morale. Arrestata insieme al fratello Hans, affrontò un processo farsa e fu giustiziata il 22 febbraio 1943. La sua storia continua a ispirare chiunque creda nella giustizia e nella libertà.

Nata il 9 maggio 1921 a Forchtenberg, Sophie crebbe in un ambiente familiare colto e cristiano. Da bambina aderì con entusiasmo alla gioventù hitleriana, ma nel tempo maturò un forte dissenso verso il regime. Il primo scossone arrivò nel 1937, quando il fratello Hans fu arrestato per sospetti legami con gruppi anti-nazisti. Questo episodio segnò profondamente Sophie, rafforzando le sue convinzioni contro la dittatura.
Dopo il diploma, sperava di evitare il servizio obbligatorio lavorando come insegnante d’asilo, ma fu comunque costretta a prestare sei mesi di servizio ausiliario in un istituto statale. Nel maggio 1942 si iscrisse finalmente all’Università di Monaco per studiare biologia e filosofia. Lì si riunì al fratello Hans e ai suoi amici, un gruppo di giovani intellettuali animati da un profondo senso di giustizia e da valori cristiani.
La “Rosa Bianca” nacque come movimento di resistenza pacifica nel 1942. I suoi membri, tra cui Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf e il professor Kurt Huber, diffusero sei volantini in cui denunciavano i crimini del regime e incitavano la popolazione tedesca alla ribellione morale. I primi volantini furono inviati per posta a intellettuali e docenti, poi furono distribuiti clandestinamente nei luoghi pubblici. L’ultimo volantino, il sesto, fu lasciato nelle aule e nei corridoi dell’Università di Monaco il 18 febbraio 1943. Sophie, in un gesto di sfida, ne gettò un mucchio dal balcone dell’ateneo, facendo in modo che gli studenti lo vedessero. Questo atto di coraggio la condannò: un bidello nazista la riconobbe e denunciò lei e il fratello.
Arrestata dalla Gestapo, Sophie fu interrogata per quattro giorni. Nonostante le torture, mantenne una calma straordinaria e non tradì i suoi compagni. Il 22 febbraio 1943, dopo un processo sommario presieduto dal giudice Roland Freisler, lei, Hans e Christoph Probst furono condannati a morte per tradimento. Nel momento della sentenza, Sophie rispose senza esitazione: “Sono ancora convinta di aver fatto la cosa migliore per il mio popolo. Non mi pento di nulla e accetto la mia condanna”.
Poche ore dopo, i tre giovani furono giustiziati con la ghigliottina. Testimoni raccontano che Sophie affrontò la morte con una dignità incrollabile. Le sue ultime parole furono:
“Che splendida giornata di sole, e io devo andarmene… Ma che importa la mia vita, se migliaia di persone si sveglieranno grazie a noi?“.
Sebbene il regime nazista cercò di insabbiare la vicenda, la storia della Rosa Bianca si diffuse rapidamente. Le forze alleate ristamparono e distribuirono i volantini in Germania, rendendo noto il sacrificio di questi giovani eroi. Oggi, il loro coraggio è ricordato con monumenti, scuole e strade intitolate ai membri del gruppo.