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Home » Cultura » Storia » Cosa accadde nella “Notte dei lunghi coltelli”? Dentro la notte più oscura del Terzo Reich

Cosa accadde nella “Notte dei lunghi coltelli”? Dentro la notte più oscura del Terzo Reich

Nel 1934 Hitler eliminò i suoi rivali in una notte di sangue. Un'epurazione spietata che consolidò il suo potere assoluto in Germania.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino30 Giugno 2025
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Adolf Hitler
Adolf Hitler (fonte: DMAX)
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La “Notte dei lunghi coltelli”, nota in Germania come Röhm-Putsch o “operazione colibrì”, fu un’epurazione cruenta ordinata da Adolf Hitler tra il 30 giugno e l’1 luglio 1934 con l’obiettivo di consolidare il suo potere all’interno del regime nazista. In quell’arco di tempo, le SS, con la Gestapo e la complicità della Reichswehr, eliminarono militarmente e politicamente decine di oppositori, tra cui spiccava Ernst Röhm, capo delle SA. L’evento segnò una svolta decisiva: Hitler dimostrò che nessuna sfida interna sarebbe stata tollerata, passando da cancelliere ad unico arbitro assoluto del Terzo Reich.

Tra la fine di giugno e l’estate del 1934 le violenze furono sistematiche: le SS penetrarono nei quartieri delle SA in Baviera (in particolare a Bad Wiessee) e a Berlino, arrestando e sopprimendo i vertici e molti seguaci. Le cifre ufficiali conteggiano 71 vittime, ma stime più attendibili collocano il bilancio tra 150 e 200 morti, con alcune valutazioni che arrivano fino a 400. Oltre alle SA, furono eliminati anche militari come il generale Kurt von Schleicher, esponenti del partito oppositore (quali Gregor Strasser) e figure legate al governo conservatore, inclusi collaboratori di Franz von Papen e membri estranei alla politica, come Erich Klausener.

Adolf Hitler
Adolf Hitler (fonte: Swiss Info)

Il colpo fu preparato meticolosamente da Hitler con l’appoggio di Hermann Göring, Heinrich Himmler e Reinhard Heydrich. L’azione fu giustificata come una risposta preventiva al presunto complotto delle SA guidato da Röhm, che aspirava a trasformare il movimento paramilitare in forza rivalizzante rispetto all’esercito tradizionale, la Reichswehr, e che, tra l’altro, sosteneva una “seconda rivoluzione” sociale e anticapitalista.

Il massacro si concluse ufficialmente il 1° luglio, giorno in cui Hitler promosse Viktor Lutze a nuovo capo delle SA e ottenne la piena fedeltà delle forze armate. Nella commemorazione tenuta il 13 luglio al Reichstag, Hitler rivendicò le esecuzioni, presentandole come necessarie per salvaguardare lo Stato e assicurare la stabilità nazionale.

Il terribile evento consolidò il controllo personale di Hitler su esercito e partito, grazie all’azzeramento di possibili rivali. E, soprattutto, stabilì un precedente oscuro: la legittimazione delle esecuzioni extragiudiziali da parte dello Stato.  La violenza interna, insomma, divenne strumento politico.

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