George Mallory è stato un uomo diviso tra due passioni: l’alpinismo e la storia. Nato in Inghilterra nel 1886, cresciuto in un contesto borghese e istruito a Cambridge, diventa presto noto per la sua straordinaria abilità in montagna. Ma il suo nome è legato indissolubilmente a un enigma irrisolto che, da quasi un secolo, affascina storici e alpinisti: è stato lui il primo uomo a raggiungere la vetta dell’Everest?
Mallory prese parte a tre spedizioni britanniche sull’Everest, nel 1921, 1922 e infine nel 1924. Quest’ultima sarebbe stata l’ultima. Ad accompagnarlo nell’impresa c’è il giovane compagno Andrew “Sandy” Irvine, con cui l’8 giugno 1924 viene visto per l’ultima volta. Un altro membro della spedizione, Noel Odell, li osserva da lontano mentre salgono verso la vetta a un’altitudine stimata di oltre 8.000 metri. E proprio secondo Odell, i due si trovavano a pochi metri dalla cima, quando la nebbia li avvolge facendoli scomparire misteriosamente.

Per decenni, dunque, Mallory e Irvine sono rimasti dispersi sull’Everest, simboli tragici di un’impresa forse riuscita e forse no. Nessuna prova concreta emerge per determinare se abbiano raggiunto la vetta prima di morire. Questo lascerebbe il primato dell’ascesa all’Everest a Edmund Hillary e Tenzing Norgay, che lo scalano con certezza il 29 maggio 1953.
Il mistero, però, ha un colpo di scena nel 1999. Una spedizione americana, la Mallory and Irvine Research Expedition, infatti, ritrova proprio il corpo di George Mallory sul versante nord dell’Everest, a circa 8.155 metri di altitudine. Il cadavere è sorprendentemente ben conservato, con il volto rivolto verso il basso e una gamba spezzata. Viene identificato grazie a una targhetta con il suo nome cucita sui vestiti e da alcuni oggetti personali.
Il ritrovamento del corpo, inoltre, ha fornito nuove informazioni, ma non ha risolto l’enigma centrale. Mallory portava con sé degli occhiali da Sole, che si trovavano in tasca, suggerendo che potesse essere morto durante una discesa, forse al calar del sole. Manca, però, un oggetto importante: la foto di sua moglie Ruth, che avrebbe lasciato sulla vetta in caso di successo. Questo dettaglio ha alimentato speculazioni, ma nulla è stato dimostrato.
Andrew Irvine, invece, non è mai stato ritrovato. Si ipotizza che potesse avere con sé una macchina fotografica Kodak Vest Pocket. Se mai fosse recuperata e sviluppabile, potrebbe contenere la risposta definitiva.
A oggi, George Mallory, dunque, resta un personaggio sospeso tra mito e realtà. La sua celebre frase, “Perché l’Everest è lì?”, pronunciata a un giornalista nel 1923 per giustificare la sua ossessione per la montagna, è diventata simbolo dell’audacia umana e della sete di scoperta. Ma la domanda che nessuno è ancora riuscito a sciogliere è un’altra: è arrivato davvero, lassù, prima di tutti?