Il primo marzo 1932, un evento sconvolge l’America: il piccolo Charles Augustus Lindbergh Jr., figlio dell’aviatore Charles Lindbergh, viene rapito dalla sua casa nel New Jersey. Questo drammatico episodio ha avuto un impatto profondo sulla società americana e segna un punto di svolta per l’FBI, proiettata verso un’organizzazione moderna come è conosciuta ai giorni nostri.
Prima di arrivare al tragico epilogo, comunque, le autorità provano a risolvere in modo positivo il caso lanciando una massiccia caccia all’uomo, ma le indagini si rivelano particolarmente complesse. Alla fine, dopo oltre due mesi, il corpo senza vita del bambino viene ritrovato a poca distanza dalla casa dei Lindbergh. Le autorità, a quel punto, hanno bisogno di rintracciare un colpevole a tutti i costi e sembrano trovarlo in Bruno Richard Hauptmann, un carpentiere tedesco immigrato negli Stati Uniti. L’uomo viene arrestato, accusato del rapimento e, dopo uno dei processi più seguiti nella storia forense americana, condannato a morte. Nonostante tutto questo, però, Hauptmann continua a proclamarsi innocente, fino al giorno della sua esecuzione, avvenuta nel 1936.
Quali sono, però, i particolari che hanno portato a questo tipo di condanna? Tra tutti gli elementi che sembrano convincere la giuria è il ritrovamento di tracce di una scala utilizzata per accedere alla stanza del bambino, frammenti di banconote del riscatto ritrovate nella sua casa e una scritta a mano che sembra corrispondere a quella della lettera di richiesta del riscatto.
Nonostante tutto, però, nel corso del tempo alcuni esperti hanno messo in dubbio proprio la validità di queste prove, sollevando la questione del possibile coinvolgimento di altre persone. La scala, a esempio, non presentava impronte digitali chiare e poteva essere stata facilmente manomessa. Le banconote ritrovate nella casa di Hauptmann, poi, potevano essere state messe dalla polizia alla disperata ricerca di un capro espiatorio. Per finire, la perizia calligrafica era ancora una scienza inesatta. Questo vuol dire che l’attribuzione della lettera di richiesta del riscatto a Hauptmann potrebbe essere stata errata.
In sostanza, dunque, si va delineando il panorama di un errore giudiziario di cui l’FBI si è “approfittato” per trasformarsi nella potente agenzia investigativa che conosciamo oggi. J. Edgar Hoover, allora direttore dell’FBI, ha utilizzato questo caso per promuovere l’importanza di un’agenzia federale centralizzata per combattere il crimine.