Il caso di Lina Medina rappresenta una delle storie mediche più straordinarie e inquietanti del XX secolo. Nel 1939, una bambina peruviana di appena cinque anni e sette mesi diede alla luce un figlio, diventando la madre più giovane mai documentata. La vicenda, verificata da fonti mediche autorevoli, è ancora oggi oggetto di studio e curiosità, ma solleva anche interrogativi etici e sociali, mai chiariti.
Lina Medina nacque il 23 settembre 1933 a Ticrapo, un villaggio povero nelle Ande peruviane. Nel 1939, i suoi genitori, Tiburelo Medina e Victoria Losea, notarono un insolito rigonfiamento addominale della figlia, allora di soli cinque anni. Preoccupati, la portarono all’ospedale di Pisco, dove i medici inizialmente sospettarono un tumore. Tuttavia, esami più approfonditi rivelarono una realtà sconvolgente: Lina era incinta di sette mesi. La diagnosi fu confermata dal dottor Gerardo Lozada, che trasferì la bambina a Lima per ulteriori accertamenti.
Il 14 maggio 1939, Lina diede alla luce un maschietto sano di 2,7 kg tramite cesareo, necessario a causa delle dimensioni ridotte del suo bacino. Il bambino, chiamato Gerardo in onore del medico, nacque senza complicazioni. La gravidanza fu attribuita a una condizione medica rara nota come pubertà precoce, che aveva causato lo sviluppo anticipato degli organi riproduttivi di Lina. Secondo i referti medici, la bambina aveva avuto il menarca (prime mestruazioni) a soli tre anni, un fenomeno eccezionale.

La pubertà precoce, o pubertas praecox, è una condizione in cui lo sviluppo puberale inizia molto prima dell’età media (8-13 anni per le femmine). Nel caso di Lina, i medici rilevarono che le sue ovaie erano completamente mature e che il suo corpo, pur appartenendo a una bambina di cinque anni, presentava caratteristiche fisiche di un’adolescente. Questa condizione è spesso legata a disfunzioni ormonali, come un’eccessiva produzione di estrogeni, o a patologie come tumori ipofisari. Tuttavia, nel caso di Lina, non furono identificati fattori scatenanti specifici, rendendo il suo caso ancora più raro.
Uno degli aspetti più controversi del caso è l’identità del padre del bambino. Le autorità peruviane avviarono un’indagine, sospettando un abuso sessuale, ma non furono raccolte prove sufficienti per identificare il responsabile. Tiburelo Medina, il padre di Lina, fu brevemente arrestato, ma rilasciato per mancanza di evidenze. Lina, che all’epoca non aveva piena consapevolezza dell’accaduto, non fornì mai dettagli, né da bambina né da adulta. Questo silenzio ha alimentato speculazioni, ma nessuna ipotesi è stata confermata. Di certo, una bambina che resta incinta è vittima di violenza sessuale, non c’è altro modo per definire l’accaduto.
Dopo il parto, Lina e Gerardo furono seguiti dai medici per monitorare la loro salute. Gerardo crebbe sano, ma fu allevato come fratello di Lina, ignaro della vera natura del loro legame fino all’adolescenza. Morì nel 1979, a 40 anni, per una malattia del midollo osseo, non collegata alla sua nascita. Lina, invece, continuò a vivere una vita riservata. Negli anni ’70 si sposò con Raúl Jurado, e nel 1972 diede alla luce un secondo figlio. Oggi, Lina Medina è ancora in vita, ma ha sempre rifiutato interviste e attenzioni mediatiche, mantenendo un profilo basso.
Il caso di Lina Medina non è una bufala, ma è supportato da prove mediche robuste. I referti dell’ospedale di Lima, le radiografie e le fotografie cliniche confermarono la gravidanza e la pubertà precoce. Il dottor Lozada pubblicò un resoconto dettagliato sulla rivista medica La Presse Médicale nel 1939, e il caso fu ulteriormente analizzato da esperti internazionali. Negli anni successivi, alcuni scettici misero in dubbio la veridicità della storia, ma la documentazione medica e le testimonianze dei medici coinvolti non lasciano spazio a dubbi.