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Home » Cultura » Storia » Churchill e il mistero dell’ornitorinco: la storia segreta che nessuno vi ha mai raccontato

Churchill e il mistero dell’ornitorinco: la storia segreta che nessuno vi ha mai raccontato

Facciamo finalmente luce su un bizzarro evento che nel 1943 rischiò di causare una crisi diplomatica: la morte dell'ornitorinco di Churchill.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene5 Agosto 2025
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Un cucciolo di ornitorinco
Un cucciolo di ornitorinco (fonte: Australian Museum)
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Nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, una nave solcava l’oceano con a bordo un passeggero insolito quanto prezioso: un ornitorinco, diretto in gran segreto verso il primo ministro britannico Winston Churchill. Questo strano mammifero, con il suo becco d’anatra e le zampe palmate, doveva essere un dono diplomatico per conquistare il cuore di un uomo che amava gli animali esotici. Ma il viaggio di questo animale, battezzato “Winston” proprio in onore del suo futuro padrone, si trasformò in un mistero che solo oggi, grazie a un diario dimenticato, abbiamo finalmente risolto. Cosa accadde davvero a questo curioso ambasciatore australiano?

Winston Churchill non era solo un leader politico, ma anche un appassionato di animali esotici, con una piccola collezione nella sua tenuta di Chartwell che comprendeva leoni, cigni neri e un leopardo. Ma l’ornitorinco, questo bizzarro mammifero che depone uova, era il suo sogno proibito. Nel 1943, mentre la guerra infuriava nel Pacifico, l’Australia, alleata della Gran Bretagna, cercava un modo per rafforzare i legami diplomatici. Il ministro degli esteri australiano, Herbert Vere “Doc” Evatt, decise dunque di esaudire il desiderio di Churchill, inviandogli un esemplare di ornitorinco nonostante l’esportazione di questa specie fosse severamente vietata.

Per garantire la sopravvivenza del piccolo Winston durante i 45 giorni di traversata oceanica, gli Australiani non badarono a spese: fu costruita una speciale vasca per il trasporto, completa di un sistema per mantenere l’acqua fresca. Il menu consisteva in 50.000 vermi e crema pasticcera a base di uova d’anatra, un banchetto da re per un piccolo mammifero come Winston; un inserviente dedicato annotava in un diario ogni dettaglio della cura dell’animale, assicurandosi che arrivasse incolume a destinazione. Ma il destino aveva ben altri piani.

Il diario su cui fu riportato il decesso del piccolo Winston
Il diario su cui fu riportato il decesso del piccolo Winston (fonte: Australian Museum)

La nave, salpata dall’Australia, attraversava l’oceano in un’epoca in cui i sottomarini tedeschi erano una minaccia costante. Quando il piccolo ornitorinco morì, a pochi giorni dall’arrivo a Londra, si temette un incidente diplomatico. Per evitare di deludere Churchill fu inventata una storia: l’animale, si disse, era morto per lo stress causato da un attacco di un U-boot tedesco: una bugia a fin di bene, per non trasformare un gesto di amicizia in un motivo di imbarazzo a livello internazionale. Churchill, deluso ma ignaro della verità, fece imbalsamare il povero Winston, che ancora oggi riposa in un museo.

Per decenni questa versione dei fatti rimase incontestata. Ma il diario dell’inserviente, riscoperto di recente da un dottorando della Monash University di nome Harrison Croft, che lavorava insieme a un team dell’Università di Sydney, ha svelato la verità: mentre la nave attraversava l’equatore, le temperature salirono ben oltre i 27 gradi, la soglia di sicurezza per gli ornitorinchi, creature sensibili al caldo. Senza la conoscenza moderna della loro biologia, nessuno si rese conto del pericolo. Nonostante le cure e gli agi, il piccolo Winston morì per il calore eccessivo, non per le bombe tedesche.

“Dare la colpa ai Tedeschi era molto più facile che ammettere che non era stato nutrito abbastanza, o che la sua temperatura corporea non era stata regolata correttamente“, ha dichiarato alla BBC Ewan Cowen, uno degli studiosi di Sydney che hanno contribuito a questa rivelazione. “La storia dipende sempre da chi la sta raccontando”, ha aggiunto il collega Paul Zaki.

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