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Home » Cultura » Storia » L’omicidio Lincoln, il primo presidente americano ucciso cambiò la storia

L’omicidio Lincoln, il primo presidente americano ucciso cambiò la storia

Il 14 aprile 1865 fu assassinato per la prima volta un Presidente degli Stati Uniti d'America: si trattava di Abramo Lincoln.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene14 Aprile 2025
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Un celebre ritratto di Abramo Lincoln
Un celebre ritratto di Abramo Lincoln (fonte: Nove)
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La sera del 14 aprile 1865, un venerdì santo di 160 anni fa, veniva assassinato al Ford’s Theatre di Washington Abramo Lincoln, sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, a pochi mesi dalla conclusione definitiva della guerra di secessione americana che avrebbe segnato la vittoria degli Stati unionisti guidati proprio da Lincoln. Si tratta del primo attentato ai danni di un presidente o candidato alla presidenza statunitense, ma il primo di una lunga serie. Facciamo luce su una vicenda che segnò profondamente la storia americana.

Tutto ha inizio nel 1863, quando una legge promulgata dal Congresso e in seguito un provvedimento di Lincoln pongono fine allo scambio di prigionieri tra Unionisti (o nordisti) e Confederati (o sudisti). È a questo punto che John Wilkes Booth, famoso attore teatrale (che lo stesso Lincoln ha apprezzato in più occasioni) ma soprattutto aperto simpatizzante per i Confederati, organizza un piano per rapirlo e costringere l’Unione a riprendere gli scambi. Alla cerimonia per la seconda investitura di Lincoln a Presidente del 4 marzo 1865 è presente anche Booth, che in seguito scriverà sul suo diario di aver avuto un’ottima occasione per ucciderlo.

Il 17 marzo, Booth e i 6 cospiratori da lui reclutati progettano di rapire Lincoln al suo ritorno da una rappresentazione teatrale al Campbell General Hospital di Washington. Egli però non si presenta, preferendo partecipare a una cerimonia al National Hotel: un’altra straordinaria coincidenza per Booth, che alloggia proprio in quell’albergo ma perde l’occasione di aggredirlo perché impegnato nel suo fallito tentativo di rapimento in ospedale. Intanto, sul fronte bellico, la situazione si evolve: il 3 aprile la capitale confederata Richmond, in Virginia, è conquistata dall’esercito unionista; il 9 aprile, alla conclusione della battaglia di Appomattox, le truppe schiaviste del generale Robert E. Lee si arrendono a quelle del generale unionista Ulysses S. Grant; il presidente confederato Jefferson Davies e i suoi ufficiali si sono dati alla fuga. Booth continua però imperterrito a credere nella causa, e decide per questo di assassinare Lincoln.

Altre motivazioni addotte in seguito dagli storici includono una presunta rivalità di Booth con il fratello maggiore Edwin, anch’egli attore ma unionista convinto. La proverbiale “ultima goccia” pare però sia stata la volontà di Lincoln, espressa in un discorso pubblico dell’11 aprile, di sostenere l’ampliamento del diritto di voto agli schiavi liberati: è in quel momento che Booth, che assiste all’evento, decide che quello sarà l’ultimo discorso pronunciato dal Presidente. Furibondo, ordina al complice Lewis Powell di sparargli all’istante ma egli si rifiuta per paura della reazione della folla: dinanzi alla terza occasione mancata, Booth giura solennemente che “gliela farà pagare”.

Litografia di Currier & Ives del 1865 raffigurante l'assassinio di Abramo Lincoln
Litografia di Currier & Ives del 1865 raffigurante l’assassinio di Abramo Lincoln (fonte: Wikipedia)

Visitando il Ford’s Theatre a mezzogiorno del 14 aprile per recuperare della posta, Booth viene a sapere che Lincoln sarà presente quella sera stessa per assistere a una rappresentazione di Our American Cousin, una commedia in 3 atti. L’attore, che ha lavorato per molto tempo in quel teatro e lo conosce alla perfezione, si rende conto di avere una quarta occasione per portare a termine il suo piano. Procuratesi le armi e studiato ogni dettaglio, Booth incontra i suoi complici un’ultima volta alle 20:45: il progetto prevede l’uccisione anche del segretario di Stato William H. Seward e del vicepresidente Andrew Johnson, rispettivamente a casa e in albergo; Booth invece, in quanto attore famoso e con la massima libertà di movimento anche sul piano del palchetto presidenziale, si occuperà personalmente di Lincoln e del generale Grant, che siederà al suo fianco.

In realtà Grant e la moglie non si presentano, sostituiti dal maggiore Henry Rathbone e dalla sua fidanzata. Lincoln e sua moglie però arrivano, causando l’interruzione dello spettacolo e dell’esecuzione dell’inno Hail to the Chief mentre tutti e 1700 gli spettatori del teatro si alzano in piedi ad applaudire; solo in seguito il presidente prende posto e lo spettacolo prosegue. La guardia del corpo personale di Lincoln, che dovrebbe sorvegliare il palco presidenziale, non è al suo posto e Booth può introdurvisi indisturbato, bloccando la porta dietro di sé. Intorno alle 22:15, quando il pubblico scoppia a ridere in reazione a una battuta dell’attore Harry Hawk, Booth si avvicina e spara a Lincoln un colpo a bruciapelo alla testa. Mentre il Presidente si riversa esanime in avanti, Booth accoltella al braccio Rathbone che prova a trattenerlo, e si lancia sul palcoscenico per poi fuggire dal teatro. Nonostante i repentini soccorsi, è subito chiaro che la ferita di Lincoln è mortale, e infatti egli si spegne alle 7:22 del mattino del 15 aprile.

Gli attentati a Sewell e Johnson (ora 17esimo Presidente) non vanno invece a buon fine, e i cospiratori si danno alla fuga; entro la fine di aprile verranno tutti catturati e il 30 giugno giudicati colpevoli da un tribunale militare indetto proprio da Johnson; tra i 4 condannati a morte vi è anche Mary Surratt, che risulta così la prima donna giustiziata dal governo degli Stati Uniti. Booth viene trovato da un gruppo di soldati e colpito alla testa da un proiettile dal sergente Boston Corbett, con una traiettoria simile al colpo che ha ucciso Lincoln; l’assassino muore poco dopo.

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