Arroccata tra le nuvole delle Ande peruviane, a 2.430 metri di altezza, Machu Picchu si erge come un gioiello del passato, una città perduta che incanta il mondo con la sua bellezza enigmatica. Scoperta il 24 luglio 1911 dall’esploratore Hiram Bingham, questo gioiello di architettura precolombiana è molto più di un sito archeologico: è un testamento alla genialità degli Inca, un santuario di pietra che sfida il tempo e la gravità. Dichiarata una delle sette meraviglie del mondo moderno nel 2007, Machu Picchu ci invita a contemplare il passato, a rispettare il presente e a immaginare un futuro in cui l’uomo e la natura possano convivere in equilibrio. Vi raccontiamo qui il perché.
Machu Picchu (letteralmente “Montagna vecchia”) si trova in Perù, nella regione di Cusco, a circa 80 chilometri a nord-ovest della città omonima. Costruita su una cresta montuosa tra le cime del Machu Picchu e dell’Huayna Picchu, è circondata da una giungla lussureggiante e dal fiume Urubamba, che scorre sinuoso a fondovalle. La sua posizione remota, a 2.430 metri sul livello del mare, la rendeva quasi inaccessibile, un rifugio naturale che la nascose agli occhi dei conquistadores spagnoli. Oggi si raggiunge attraverso il celebre Cammino Inca, un trekking di 4 giorni, o con un treno panoramico da Cusco a Aguas Calientes, il villaggio ai piedi del sito.
Costruita intorno al 1450, durante l’apogeo dell’Impero Inca, Machu Picchu è un capolavoro di ingegneria e architettura. Le sue mura di granito, tagliate con precisione millimetrica senza malta, si incastrano perfettamente, resistendo a terremoti e intemperie. La città, in grado di ospitare dalle 500 alle 1.000 persone, era probabilmente un centro cerimoniale, un ritiro reale o un osservatorio astronomico: i suoi templi, come il Tempio del Sole, e la Pietra Intihuatana, un orologio solare, riflettono infatti una profonda conoscenza della natura e del cosmo.

La disposizione di Machu Picchu segue l’armonia del paesaggio: i terrazzamenti agricoli, irrigati da sofisticati sistemi idrici, garantivano cibo, mentre le case e le piazze si integravano con le curve delle montagne. La città era un microcosmo autosufficiente, progettato per vivere in simbiosi con l’ambiente. Il suo fascino risiede anche nel mistero del suo declino: abbandonata poco dopo la conquista spagnola, forse a causa di un’epidemia, rimase dimenticata fino al 1911, quando Bingham la riportò alla luce puntando su di essa le attenzioni del mondo intero.
Nonostante il suo splendore, Machu Picchu è fragile: il turismo di massa, con oltre 1,5 milioni di visitatori all’anno, mette a rischio il sito. L’erosione del suolo, i cambiamenti climatici e la pressione antropica minacciano le sue strutture; ciò ha spinto l’UNESCO, che l’ha dichiarata Patrimonio dell’Umanità nel 1983, a imporre limiti di accesso. Raggiungere Machu Picchu del resto non è semplice: il costo del viaggio e le difficoltà logistiche lo rendono un’esperienza elitaria; eppure il suo fascino universale continua ad attirare sognatori da ogni angolo del pianeta.