O.J. Simpson è stato uno dei personaggi più discussi del XX secolo, passando da eroe sportivo e star del cinema a imputato in uno dei processi più mediatici della storia. Accusato nel 1994 dell’omicidio della sua ex moglie, Nicole Brown Simpson, e dell’amico Ronald Goldman, il caso scosse profondamente l’America, toccando temi di razzismo, violenza domestica e giustizia. Dopo un processo di 16 mesi, Simpson fu assolto dalle accuse penali, ma successivamente giudicato colpevole in un processo civile. Ancora oggi, il dibattito sulla sua colpevolezza rimane aperto.

Il caso inizia il 12 giugno 1994, quando Nicole Brown Simpson e Ronald Goldman furono trovati brutalmente accoltellati fuori dalla casa di lei a Los Angeles. Simpson, The Juice, uno degli eroi del football americano, che quella sera era in città ma si recò a Chicago poco dopo il delitto, divenne subito il principale sospettato. Interrogato dalla polizia, negò ogni coinvolgimento, ma cinque giorni dopo, invece di consegnarsi, fuggì a bordo di una Ford Bronco bianca, guidata dal suo amico Al Cowlings. L’inseguimento della polizia, seguito in diretta da 95 milioni di americani, rimase impresso nella memoria collettiva (con un gustoso aneddoto legato all’attore Kurt Russell).
Durante il processo, la difesa, composta da avvocati celebri come Johnnie Cochran e Robert Kardashian, padre di Kim, contestò la credibilità delle prove raccolte dalla polizia, affermando che l’ex atleta fosse vittima di un complotto razziale da parte del Los Angeles Police Department. L’accusa, invece, si basò su prove forensi, tra cui macchie di sangue compatibili con Simpson trovate sulla scena del crimine e nel suo veicolo. Tuttavia, il colpo di scena più famoso fu il tentativo dell’imputato di indossare un paio di guanti insanguinati presumibilmente utilizzati dall’assassino: essendo troppo stretti, l’esperimento minò la tesi dell’accusa. Il suo avvocato Cochran sfruttò l’episodio con una frase diventata iconica: “If it doesn’t fit, you must acquit” (se non calza, dovete assolvere).
Il 3 ottobre 1995, O.J. Simpson fu dichiarato non colpevole. La sentenza provocò reazioni contrastanti: molti afroamericani la considerarono una vittoria contro le discriminazioni della polizia, mentre molti bianchi rimasero sconcertati. Il 4 febbraio del 1997, tuttavia, la giuria di un processo civile lo ritenne responsabile per le morti di Brown Simpson e Goldman, condannandolo a risarcire le famiglie delle vittime con 33,5 milioni di dollari. Il caso non portò comunque a una condanna penale, poiché il principio del “ne bis in idem” impedisce di processare due volte una persona per lo stesso crimine.
Nel 2007, Simpson fu nuovamente arrestato per rapina a mano armata e sequestro di persona in un hotel di Las Vegas, dove cercò di recuperare cimeli sportivi che considerava suoi.
Condannato a 33 anni di carcere, fu rilasciato nel 2017.
Dunque, per la legge americana, non essendoci un’altra condanna penale, dal punto di vista giuridico O.J. Simpson è innocente. Tuttavia, la condanna civile e le prove emerse negli anni successivi fanno credere a molti che fosse davvero colpevole.
Il caso continua a essere analizzato in documentari e serie TV, non ultima la serie di Netflix, American Manhunt: O.J. Simpson.