La distruzione di Pompei è stata, senza alcun dubbio, uno degli eventi più drammatici dell’antichità. Ma quando è avvenuta effettivamente? La questione è stata riaperta intorno al 2018 arrivando ad una conclusione diversa da quella conosciuta fino a quel momento. In passato, infatti, gli storici avevano datato l’eruzione del Vesuvio, dopo otto secoli d’inattiva, intorno al 24 agosto del 79 d.C. Nuove scoperte, però, hanno spostato decisamente la data del calendario verso il 24 ottobre, ossia nel pieno dell’autunno.
Ma quali sono gli elementi incontrovertibili che hanno portato a questa conclusione? Essenziali sono stati i ritrovati di giare contenenti degli alimenti. Tra questi la frutta autunnale come i fichi settembrini e melograni. Anche la presenza del vino nuovo ha acceso dei dubbi, facendo presupporre un’avvenuta vendemmia al momento dell’eruzione.
A questo, poi, si aggiunge anche il ritrovamento di un’iscrizione sui muri di una casa pompeiana che riporta la data del 17 ottobre e l’analisi degli indumenti ritrovati su alcuni corpi. Questi, infatti, sono tutti caratterizzati da stoffe tendenzialmente calde, adatte ad un clima più fresco rispetto a quello previsto per la fine di agosto.
A questo punto, però, è necessario capire per quale motivo la precedente data è stata considerata inoppugnabile per molto tempo. Tutto si deve a Plinio il giovane, uno dei testimoni diretti di quei drammatici eventi. In una lettera a Tacito, infatti, descrive quanto accaduto datando il tutto proprio il 24 agosto. Un errore di trascrizione o di traduzione? Il mistero intorno a questo evento specifico è ancora fitto ma una cosa è certa, lo spostamento della data dell’eruzione ha aperto nuove possibilità di conoscenza sulla vita pompeiana e, quindi, anche su quella romana, rendendo tutt’altro che concluso il lavoro di archeologi e storici intorno alla ricostruzione di questo evento.