L’ex Presidente degli Strati Unti, Donald Trump, è stato il soggetto di un attentato fallito durante un comizio elettorale in Pennsylvania. Un fatto di per sé grave. ma non insolito, almeno per quanto riguarda la Storia degli Stati Uniti. Gli inquilini dello Studio Ovale, o i politici che hanno ambito ad abitarlo, infatti, sono stati presi di mira, in senso figurato e non, più di una volta. E, in alcuni casi, gli epiloghi sono stati tutt’altro che favorevoli portando all’assassinio del capo di una nazione. Vediamo, dunque, più nel dettagli quali presidenti sono stati vittima di un attentato.
Abraham Lincoln, il primo
Lincoln riassume nella sua figura e nella vicenda che lo coinvolge almeno due primati. Innanzitutto è il primo Presidente repubblicano e, in secondo luogo, anche il primo in assoluto ad essere assassinato. Il fatto avviene il 14 aprile del 1865, un venerdì santo, al Ford’s Theatre di Washington, dove si era recato per vedere lo spettacolo Our American Cousin. L’attentato, pianificato cinque giorni dopo la resa delle truppe confederate del generale Lee a quelle unioniste, aveva lo scopo di andare ad indebolire proprio l’Unione degli Stati del Nord.
Ideatore ed esecutore è l’attore di teatro John Wilkes Booth. Ma la cospirazione prevede anche altre figure incaricate di uccidere il vice Presidente Johnson e il Segretario di Stato William H. Seward. Eventi che, fortunatamente, non si sono verificati.
La morte di Lincoln, comunque, ha avuto delle ripercussioni gravi proprio dal punto di vista politico in un momento così fragile ed instabile. Andrew Johnson, infatti era stato scelto come Vice proprio in un’ottica di pacificazione con gli stati del sud. Alla morte di Presidente, però, il Congresso evidenzia un atteggiamento di forte astio per il nuovo inquilino della Casa Bianca. Tanto da arrivare ad un processo di impeachment nei suoi confronti nel 1868.
James Garfield, il dubbio del complotto
In pochi conoscono gli eventi che hanno portato alla morte di questo presidente repubblicano. D’altronde il suo mandato può essere considerato come il più breve mai conosciuto dal sistema politico degli Stati Uniti. James Garfield , infatti, viene eletto nel 1880 con uno scarto di pochi voti. Il Il 2 luglio del 1881, però, è già vittima di un attentato, mentre sta per prendere un treno alla stazione di Washington. Qui lo raggiunge un colpo di pistola che, però, non lo uccide immediatamente. Il presidente, infatti, morirà ben due mesi dopo Institute seguito ad una lunga agonia causata da un’infezione.
Cause della morte a parte, comunque, è interessante capire cosa ha mosso la mano di Charles Guiteau. In questo caso, nel corso del tempo, sono state avanzate delle ipotesi diverse. Una, ad esempio, presuppone la convinzione dell’uomo di dover essere ricompensato per un discorso scritto da lui e che, sempre a sua dettata avrebbe fatto vincere le elezioni al Presidente. Altre voci, però, hanno gridato al complotto, identificando come mandante niente meno che il suo vice Chester Arthur. Ovviamente non si saprà mai la verità a riguardo.
William McKinley, l’assassinio del nuovo secolo
Il 6 settembre 1901, durante una visita a Buffalo, il Presidente William McKinley, appena rieletto, è vittima di un attentato per man o dell’anarchico Leon Czolgosz, che verrà poi condannato alla sedia elettrica. Questo evento, comunque, è stato il trampolino di lancio che ha portato Teddy Roosevelt nella sala ovale. Un evento che ha dato vita ad una delle presidenze più incise ed importanti degli Stati Uniti ma che, allo tesso tempo, ha fatto trovare il partito Repubblicano di fronte ad un capo di stato dalle idee chiare e con una visione personale ben definita.
J.F.K. l’assassinio che ha segnato una generazione
Per gran parte degli anni settanta ed ottanta c’è una domanda che ricorre frequentemente tra le persone, soprattutto, durante le cene o i ritrovi tra amici: tu dove eri quando hanno ucciso Kennedy? Un quesito solo all’apparenza semplice ma che, in realtà, mostra come quel singolo, drammatico evento abbia scritto una pagina di Storia internazionale ma, soprattutto, toccato nel profondo la sensibilità di più di una generazione. Quando il 22 novembre 1963, infatti, John Fitzgerald Kennedy viene ucciso mentre attraversava le vie della città all’interno di una limousine scoperta, un paese intero si trova a perdere, in pochi secondi, la propria innocenza.
Per la prima volta si assiste all’assassinio di un capo di Stato in diretta e, soprattutto, s’insinua il dubbio che i vertici preposti alla sicurezza dei massimi rappresentanti di un paese non siano poi così inattaccabili. Una fragilità che si evidenzia da un punto di vista organizzativo e, ovviamente, anche etico. Dopo la morte del Presidente Kennedy, avvenuta nell’ospedale Parkland di Dallas, infatti, serpeggiano diverse opinioni e si fa sempre più forte l’idea del complotto.
Un’onda di malcontento e sospetto, dunque, diventa impossibile da ignorare. La stessa che la Commissione Warren, preposta per indagare sulle cause che hanno portato ai fatti, non. ha minimamente arginato. Anzi, nel corso degli anni, tutto il procedimento è stato messo più di una volta sotto la lente d’ingrandimento e sottoposto a non poche critiche. Le stesse che, stando alle ricostruzioni, alle dichiarazioni dei diretti interessati e alle documentazioni utilizzate da Philip Shenon in Anatomia di un assassinio – Storia segreta dell’omicidio Kennedy, ad oggi hanno perso qualsiasi tipo di valenza.
Robert Kennedy, il quasi presidente
Correva l’anno 1968, un momento difficile per la Storia americana. Martin Luther King, infatti, viene ucciso il 4 aprile mentre si trovava al Lorraine Motel a Memphis. Il suo assassinio sconvolge chiunque, nel corso degli ultimi anni, abbia condiviso la sua battaglia per i diritti civili e l’integrazione degli afro americani. Tra questi c’è anche il senatore Robert Kennedy che non ha mai fatto mistero di condividere le visioni di King.
Quello che l’America non sa, però, è che a soli due mesi di distanza anche Bob sarebbe stato vittima di un attentato mentre corre per le primarie del Partito Democratico. La sua è un’ascesa costante ed è praticamente sicuro che sarebbe stato proprio lui a sfidare nelle presidenziali Richard Nixon. Un confronto che, a conti fatti, avrebbe potuto portare il candidato repubblicano ad un’altra sconfitta con la famiglia Kennedy.
Ancora una volta, però, il sogno di una generazione, soprattutto la più giovane che sostiene attivamente Robert Kennedy, viene infranto dall’attentato avvenuto il 5 giugno. Dopo aver vinto le primarie in California, il fratello e braccio destro di John Fitzgerald Kennedy, viene freddato dai colpi di un revolver.
A spararli è immigrato giordano-palestinese, Sirhan Sirhan, mentre si trovava nell’Hotel Ambassador. La motivazione addotta è il desiderio di voler punire il senatore per il suo appoggio a Israele nella Guerra dei sei giorni. Anche in questo caso, però, non sono mancate teorie completaste che hanno visto la CIA protagonista.
Ronald Reagan, un attentato per conquistare Jodie Foster
A quanto pare non tutti gli attentati devono avere una matrice politica. In alcuni casi, infatti, ad impugnare un arma può essere anche un “normale” squilibrato, desideroso di compiere un gesto rappresentativo per attirare su di sé l’attenzione. Ed è quello che , a quanto pare, è accaduto al Presidente Ronald Reagan nel 1981.
È il 30 marzo a Washington, infatti, quando viene raggiunto da uno dei sette colpi sparati da John Hinckley, uno squilibrato ossessionato niente meno che da Jodie Foster. Il giovane texano spera, in questo modo, di farsi notare da lei. Il ragazzo, infatti, nutre per l’attrice una forma di ossessione psicotica che sfocia anche in atti di stalking. Tutto questo dopo averla vista nel film Taxi Driver di Martin Scorsese. Da ciò, dunque, si può dedurre la bizzarra conclusione che Reagan poteva essere ucciso a causa di un film di successo. Che “ironica” conclusione per un ex attore di serie B.