In seguito all’affondamento del Titanic, il 15 aprile 1919, i superstiti italiani furono cinque: Argene Genovesi in Del Carlo, Emilio Ilario Giuseppe Portaluppi, Albina Bassani, Luigi Finoli e Raimondo Vitillio. Ecco che fine hanno fatto dopo il naufragio del transatlantico, al largo dell’isola di Terranova, in Canada e come sono andate avanti le loro vite.
Argene Genovesi in Del Carlo, nata il 6 novembre 1887 a Badia, frazione di Altopascio e residente a Montecarlo (Lucca) viaggiava in seconda classe e nel viaggio perse il marito Sebastiano Del Carlo. Sette mesi dopo il naufragio mise al mondo l’unica figlia della coppia, Maria Salvata Del Carlo, nata il 14 novembre 2012 Diciassette anni dopo la tragedia, Argene si risposò con un negoziante trentino ed ebbe due figli, Neva e Rodolfo Casata e si stabilirono ad Altopascio. Nel 2017 Neva ha raccontato a La Stampa che Argene e Sebastiano si conoscevano da bambini, lui aveva un lavoro in California e viaggiava spesso tra gli Stati Uniti e l’Italia. Si sposarono due mesi prima di partire col Titanic e Argene aveva deciso di seguire il marito negli USA. La madre della ragazza però, non voleva che partisse, perché aveva un brutto presentimento, ma Sebastiano la rassicurò dicendole che si trattava di una bella nave “moderna e inaffondabile”. E pensare che sarebbero dovuti partire con un’altra nave, ma lui acquistò i biglietti per il Titanic, accontentandosi della seconda classe, visto che i posti per la prima erano finiti.
I due novelli sposi salparono a Cherbourg, in Francia, ma lei essendo incinta di due mesi, stava spesso in cabina, afflitta da fastidiose nausee. La notte del 14 aprile lei era in cabina e lui sul ponte. Quando sentì una forte botta, Sebastiano corse da Argene e le disse che “era successo qualcosa, ma nulla di grave”. Quando uscì nuovamente fuori e si rese conto della situazione, tornò da sua moglie, la prese in braccio e nel caos raggiunsero il ponte lance, dove lui riuscì a convincere un membro dell’equipaggio a far salire Argene su una scialuppa. Fu l’ultima volta che si videro.
Sebastiano si gettò in mare e morì. Quando lo ritrovarono, raccontò Argene, “aveva le mani nere di lividi, segno che probabilmente aveva tentato di salire su una scialuppa e fu costretto ad abbandonare la presa sul bordo della lancia a colpi di remi”
Argene fu recuperata dalla Carpathia, arrivò a New York e fu accolta da un convitto di suore. “Era bravissima a cucinare, loro tentarono di convincerla a fermarsi lì, ma lei aspetto il recupero e il riconoscimento del corpo del marito, che volle riportare in Italia”. Argene, che come abbiamo detto, si risposò dopo molti anni, non amava parlare di ciò che era successo sul Titanic, lo fece solo con i suoi familiari. Morirà l’8 ottobre 1970.
E cosa successe invece a Maria Salvata Del Carlo, l’unica figlia di Argene e Sebastiano? Maria Salvata è morta nel 2008 a 96 anni e oggi è sepolta al cimitero di Badia, accanto a papà Sebastiano, ma Neva spiegò che non ebbe una vita facile: ebbe dei figli, ma perse il marito a causa di una malattia, quando questi non aveva neanche trent’anni. Non solo, ma “la casa di Salvata, durante la guerra, fu distrutta dalle bombe. Perdette tutto. E noi, che vi eravamo sfollati, rischiammo di morire sepolti vivi nel vicino rifugio”
Neva ha anche raccontato che quando tre amiche la invitarono a fare una crociera, lei per ovvi motivi, si sentì un po’ titubante ad accettare, ma fu proprio Salvata a convincerla e le disse: “Vai, mica sono tutte come il Titanic”. E da allora la signora Neva ha fatto altre otto crociere.
Emilio Ilario Giuseppe Portaluppi anche era in seconda classe e di professione faceva l’intagliatore di marmo, nato il 15 ottobre 1881 ad Arcisate era residente negli Stati Uniti e fu salvato dalla scialuppa numero 14. Morì ad Arcisate il 18 giugno 1974. Figlio di Carlo e Giuseppa Perlatti, Emilio fece una bella carriera che lo portò dall’Italia agli USA, prima nel Vermont, poi a Milford nel New Hampshire. Negli States, nell’anno 1903, Emilio sposò Caterina Pelegatta, dalla quale ebbe una figlia, Ines. I due si separarono otto anni dopo e Caterina e Ines fecero ritorno in Italia. Nell’autunno del 2011 tornò in Italia per rivedere la famiglia e qualche mese dopo tornò in America, sciaguratamente, a bordo del Titanic. I suoi racconti successivi su quella notte, sono stati ricostruiti sommariamente. Sembra che Emilio fosse andato a letto presto, ma fu svegliato dal fragore dello scontro tra il transatlantico e l’Iceberg. Nella concitazione, pare, Emilio cadde in acqua, salì su una lastra di ghiaccio e poi fu raccolto da una scialuppa e successivamente, dalla Carpathia. Portaluppi, in seguito al disastro, protestò contro la compagnia, perché aveva perso una preziosa foto autografata da Garibaldi. In seguito combattè nella prima guerra mondiale
Albina Bazzani, di circa 36 anni, nata ad Arsiè, in provincia di Belluno era residente a Philadelphia e si imbarcò in prima classe, sul Titanic, come domestica personale della signora Emma Eliza Bucknell. Si salvò salendo sulla scialuppa numero 8.
Raimondo Vitillio, nato ad Ariano Irpino il 14 maggio 1888, morì nella sua città natale all’età nel 1976. L’uomo si era imbarcato in terza classe come clandestino per cercare fortuna negli Stati Uniti. La sua testimonianza passò alla storia perché dichiarò che il Titanic non si era scontrato con un iceberg ma era stato speronato da un piroscafo olandese o svedese. E negli anni non ha mai cambiato versione, tanto che suo figlio Carmine – un parrucchiere che ha vissuto a Seregno – spiegò che suo padre gli aveva raccontato che “era uscito sul ponte a prendere un po’ d’aria e udì tre forti fischi, poi un forte boato e in quel momento vide un piroscafo che se ne andava non riuscendo a distinguere se la bandiera era olandese o svedese. Ma di aver visto un iceberg non ha mai fatto menzione. Al ritorno, dopo il naufragio, aveva scritto più volte all’ambasciata raccontando la vera storia di cos’era accaduto quella notte sul Titanic, ma non ha mai avuto risposta”
In terza classe c’era anche Luigi Finoli, un commerciante di Atessa (Chieti) che spesso viaggiava verso gli Stati Uniti e aveva una sorella, Maria Rosa, che viveva a Philadelphia da tempo, dove si era sistemata economicamente. Finoli era istruito, benestante ed era diventato un punto di riferimento per gli immigrati abruzzesi a Philadelphia e organizzava viaggi per chi desiderava partire gli States dal porto di Napoli. Una sorta di agente di viaggio ante litteram. Luigi Finoli si sposò con una donna napoletana, Fedele Beatrice, con la quale visse a Philadelphia. L’uomo si imbarcò a Southampton, in Gran Bretagna (per motivi mai chiariti) e la notte del disastro si salvò salendo su una scialuppa. Considerato che era in terza classe, anche il suo salvataggio è circondato da un alone di mistero. Una discendente di Finoli, Filomena Pellicciotti (era nipote del fratello di Luigi, Vincenzo), raccontò al Giornale di Chieti che l’uomo fu tratto in salvo dalla Carpathia, come gli altri, ma la sua famiglia, negli anni mantenne il più stretto riserbo sulle modalità con le quali Finoli riuscì a salvarsi. Tanto che negli anni, in paese, iniziarono a circolare voci secondo le quali l’uomo era riuscito a salvarsi vestendosi da donna e nascondendosi il volto con uno scialle. Nel 1935 Finoli tornò ad Atessa con una nuova compagna, Severina, e morì nel 1938, da uomo benestante. Anche lui, sulle circostanze del suo salvataggio, non raccontò nulla a nessuno, se non a pochi familiari intimi. Sua sorella Maria Rosa, che si vocifera fosse bellissima, gestiva un locale a Philadelphia, ma morì in una sparatoria.
Nella tragedia del Titanic persero la vita sei italiani: Francesco Celotti, Sebastiano Del carlo, Emilio Serafino Mangiavacchi, Sante Righini, Alfonso Martino Meo e Giuseppe Peduzzi.