Quando si parla di competizioni olimpiche a fare la differenza può essere un secondo, anzi un millesimo di secondo. Com’è successo nella strepitosa finale dei 100 metri piani maschili ai Giochi di Parigi 2024, vinta dall’americano Noah Lyles per un soffio (5 millesimi di secondo) sul giamaicano Kishane Thompson. Ebbene, non si era mai vista prima una vittoria al fotofinish così ravvicinata nei 100 metri. Ma come funziona il fotofinish? E soprattutto, è preciso? A quest’ultima domanda rispondiamo di sì. E vi spieghiamo perché. Anzitutto, diciamo che sono gli svizzeri di Omega a raccogliere da anni i tempi di tutte le atlete e tutti gli atleti che partecipano alla competizione a cinque cerchi.
Ma come si capisce dalla parola, nel fotofinish a contare sono le immagini catturate in quegli attimi concitati che servono a sancire il vincitore. Nell’atletica a valere è la posizione del torso al traguardo. Quindi non importa se la testa o un piede varcano la linea, fa vede il petto.
Impiegato per la prima volta a Los Angeles 1932, il fotofinish viene collegato allo starter a Londra 1948. Da allora, però, le tecnologie hanno subito delle grandi trasformazioni.
Nei fotofinish di nuovissima generazione, nel caso specifico si tratta della Scan O’Vision Ultimate Omega, la gara è suddivisa in migliaia di diversi fotogrammi uniti a generare l’immagine finale. Si tratta di una fotocamera a scansione lineare, sincronizzata con la pistola dello starter, che può registrare sino a 40mila immagini al secondo. Quelli che ci interessano sono in particolare gli ultimi 5 millimetri della gara (sì, le distanze sono infinitesimali).
Pensate a questa macchina come a un gigantesco scanner. Solo che a differenza degli scanner, non è lei a muoversi ma l’oggetto scansionato, ovvero l’atleta.
Le immagini vengono trasmesse in tempo reale in una struttura all’interno dello stadio dove si trovano i giudici. I quali incrociano le immagini da ogni angolazione, grazie a un software specifico. I giudici tengono conto anche di altri dati forniti durante la gara, sempre registrati dai cronometri di Omega. Per esempio la velocità di partenza degli atleti. Ovvero, i secondi intercorsi tra lo sparo dello starter e l’effettivo movimento del velocista.
In questo caso, il vincitore è partito più “lento” rispetto agli avversari, guadagnando però velocità nel corso della gara. E soprattutto mantenendola costante. Per arrivare a decretare il vincitore Omega ha impiegato 10 secondi. Il tempo impiegato in genere è di 3 secondi.