Che la scienza in ambito medico stia facendo passi da gigante lo dimostra la notizia che, nelle ultime ore, ha rivoluzionato il mondo della chirurgia cardiaca. I ricercatori della Northwestern University hanno realizzato un pacemaker grande come un chicco di riso. Il dispositivo è così piccolo che può essere iniettato con una semplice siringa, evitando interventi chirurgici invasivi. Alimentato dai fluidi corporei e attivato dalla luce, lo stimolatore offre una soluzione temporanea per chi ha bisogno di supporto cardiaco post-operatorio, in particolare per i neonati con difetti congeniti. Una volta terminato il suo compito, si dissolve completamente nel corpo, eliminando il rischio di complicazioni legate alla rimozione.
Lo strumento utilizza una tecnologia innovativa per rispondere a un’esigenza clinica ancora insoddisfatta. Attualmente, i pacemaker temporanei necessitano di fili esterni collegati a un dispositivo posto sul petto del paziente. Quando il pacemaker viene rimosso, c’è il rischio di danni ai tessuti cardiaci, infezioni e sanguinamenti interni, come accaduto all’astronauta Neil Armstrong. Il nuovo pacemaker risolve questi problemi eliminando completamente fili e componenti rigidi.

Il dispositivo si abbina a un piccolo cerotto flessibile applicato sul torace del paziente. Quando il sensore nel cerotto rileva un’aritmia, emette impulsi luminosi a infrarossi che attraversano la pelle e attivano il pacemaker. Questa tecnologia consente di stimolare il cuore senza dover impiantare batterie o antenne ingombranti. L’energia necessaria per il funzionamento del pacemaker viene generata attraverso una cella galvanica, che sfrutta le reazioni chimiche tra due metalli immersi nei fluidi corporei, trasformando l’energia chimica in impulsi elettrici per il cuore.
Il pacemaker è stato testato con successo su modelli animali, tra cui topi, ratti, maiali e cani, oltre che su tessuti cardiaci umani prelevati da donatori deceduti. Gli scienziati stimano che i primi test clinici sull’uomo potrebbero iniziare entro due o tre anni.
Insomma, una vera rivoluzione le cui applicazioni potrebbero avere impatti notevoli anche al di là della cardiologia. I ricercatori ipotizzano che dispositivi simili possano essere utilizzati per stimolare la rigenerazione nervosa, accelerare la guarigione delle ferite e migliorare gli impianti medici avanzati.