Il pranzo della domenica è un’antica tradizione italiana che vuole celebrare il giorno di festa settimanale con un pasto molto più ricco, rispetto a quelli feriali. Anche il New York Times ha recentemente evidenziato l’importanza culturale del pranzo della domenica, attraverso un articolo, scritto dall’editorialista e critico gastronomico Frank Bruni, in cui si esalta un rito che è soprattutto condivisione. Una sfida spesso giocate su lunghissime distanze, data la durata monstre di certi pranzi.
“Ho un ricordo molto nitido, di quando nonna Adelina Bruni, immigrata a New York dal Sud Italia, trasformava la cucina in un caos di pietanze e specialità italiane. Ogni domenica lei metteva in tavola una teglia di lasagne inesauribile come l’affetto che aveva per noi. E poi le polpette, le melanzane, i calamari, il pollo, gli affettati. Non si trattava di un pranzo a più portate quanto piuttosto di un ricatto emotivo. E no, non ci si poteva alzare per andarsene su, sulla tavola, c’erano ancora montagne di cotolette, il vassoio di cannoli e dei biscotti in arrivo”.
Non esiste una data d’inizio ufficiale per questo rituale succulento. Di certo, è legato fortemente alla religione e all’idea di rendere omaggio a Dio, attraverso un banchetto. L’idea del pranzo di festa appartiene a molte culture, è vero. Basti pensare al Sunday Roast inglese, che identifica nel roast beef con salsa e Yorkshire Pudding i piatti ideali della domenica. Tuttavia, è in Italia che la tradizione è diventata quasi legge. In particolare al sud, dove si è soliti preparare il ragù, per diverse ore, con cui condire la pasta fatta in casa.
Non è un caso che Eduardo De Filippo sia stato capace di racchiudere un mondo intero di sentimenti all’interno della preparazione del ragù in Sabato, domenica e lunedì. Che diventa quasi la metafora di un matrimonio tutto da ricostruire. Il pranzo della domenica varia sensibilmente da nord a sud, ma i piatti della tradizione sono sempre quelli. Anche rielaborati secondo le esigenze di oggi, quindi veganizzati, per coloro che non mangiano prodotti animali. O cucinati senza glutine.
Si mangia un po’ di più, quindi antipasto, primo, secondo, contorno e dolce (magari la sera si salta la cena). Al sud si preferisce il timballo di pasta al forno con sugo ricco, polpettine, uova sode, formaggi e salumi vari. In teoria sarebbe un piatto unico, nella realtà lo si fa seguire da carne o pesce. A volte si serve semplicemente la carne usata per insaporire il sugo. Invece al nord vanno per la maggiore ravioli o agnolotti, le fondamentali lasagne, con un secondo di carne.
Immancabili le paste acquistate in pasticceria, preferite rispetto al dolce fatto in casa. Ma anche in questo caso, non è una legge assoluta. L’unica cosa certa è che, prima dell’arrivo dell’angoscioso lunedì, tutti ci si mette attorno a un tavolo per mangiare e bere cose buone. L’ingrediente più importante? Il tempo, il lusso vero dei nostri giorni.