La scienza continua a fornire prove sempre più concrete del legame tra inquinamento atmosferico e sviluppo della demenza. Un’analisi recente condotta dall’Università di Cambridge ha esaminato i dati di quasi 30 milioni di persone, confermando l’esistenza di un’associazione significativa tra l’esposizione prolungata agli inquinanti dell’aria e l’aumento del rischio di declino cognitivo.
I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno identificato un’associazione positiva e statisticamente significativa tra demenza ed esposizione a lungo termine a tre tipi di inquinanti atmosferici: le particelle fini con diametri di 2,5 micron, il biossido di azoto (NO₂) e gli ossidi di azoto (NOx). Questi composti, inclusi quelli proveniente dai gas di scarico delle automobili e dai processi industriali, sembrano avere un impatto diretto sul cervello umano.

Le evidenze raccolte mostrano come l’esposizione cronica agli inquinanti possa accelerare i processi neurodegenerativi, contribuendo allo sviluppo di patologie come l’Alzheimer e altre forme di demenza.
Per ogni 2 microgrammi per metro cubo di aumento della concentrazione media annua di PM2.5, il rischio complessivo di demenza aumenta del 4%. Questi dati assumono particolare rilevanza considerando che oggi più di 57 milioni di persone in tutto il mondo convivono attualmente con la demenza e le stime suggeriscono che il numero aumenterà a 153 milioni entro il 2050.
Il problema dell’inquinamento atmosferico rappresenta quindi una sfida sanitaria globale. L’inquinamento atmosferico uccide circa sette milioni di persone in tutto il mondo ogni anno, con dati dell’OMS che mostrano come 9 persone su 10 respirino aria contenente alti livelli di inquinanti. Questa esposizione diffusa rende la popolazione mondiale vulnerabile non solo a patologie respiratorie e cardiovascolari, ma anche a disturbi neurologici.