C’è chi non rinuncia alla pennichella pomeridiana, convinto che faccia bene. Ma nuovi studi internazionali stanno mostrando un’altra faccia della medaglia. Un riposino ogni tanto può aiutare a ricaricare le energie, ma se diventa un’abitudine lunga, irregolare o troppo centrale nella giornata, potrebbe essere un segnale d’allarme. Soprattutto negli adulti e negli anziani, dormire regolarmente durante il giorno, specialmente tra mezzogiorno e metà pomeriggio, potrebbe indicare problemi di salute latenti e, nei casi più gravi, addirittura aumentare il rischio di morte.
Un’ampia ricerca condotta nel Regno Unito, presentata al convegno sul sonno di Seattle, ha analizzato i dati di oltre 86.000 persone tra i 43 e i 79 anni, tracciando i loro comportamenti legati al sonno diurno. I partecipanti hanno indossato dispositivi simili a orologi per una settimana, registrando quando e quanto dormivano durante il giorno. È emerso che chi faceva pennichelle più lunghe e con orari variabili, soprattutto tra le 11:00 e le 15:00, aveva una maggiore probabilità di morire nei successivi otto anni. In media, chi è deceduto durante il periodo di osservazione aveva preso sonnellini più lunghi e irregolari rispetto agli altri.
Ma perché dovrebbe esserci un legame tra il sonnellino e la mortalità? Secondo gli esperti, dormire troppo di giorno può essere un sintomo – non la causa – di problemi di salute. Potrebbe indicare che si dorme male la notte a causa di disturbi come l’insonnia o l’apnea notturna. Questi problemi, se non curati, sono legati a un aumento del rischio di obesità, diabete, ictus, pressione alta, demenza e altre malattie. In pratica, la pennichella diventa un indicatore di un corpo che non riesce a recuperare energie come dovrebbe.

Un’altra osservazione importante è che la variabilità del riposino, cioè cambiare spesso durata e orario, è un ulteriore fattore critico. Questa instabilità nei ritmi di sonno può disturbare il nostro orologio biologico e aumentare lo stato infiammatorio del corpo, peggiorando le condizioni croniche già presenti. Ecco perché alcuni studiosi propongono di inserire le abitudini di sonno diurno nei controlli medici, soprattutto per le persone più avanti con l’età.
Tuttavia, va chiarito che non tutti i sonnellini sono negativi. Brevi riposi inferiori ai 30 minuti possono avere effetti positivi sulla pressione, sull’umore e sulla memoria. Il problema nasce quando i pisolini si allungano oltre i 60 minuti, diventano frequenti o servono a compensare una notte passata in bianco.
Cosa fare allora? Muoversi di più. Uno stile di vita attivo può ridurre il legame tra napping e mortalità. Fare almeno 150 minuti di attività fisica moderata a settimana (come camminata veloce, nuoto o danza) aiuta a migliorare il sonno notturno e a ridurre la necessità di dormire di giorno.
Anche la qualità del riposo notturno resta centrale. Gli esperti consigliano alcune strategie per dormire meglio: mantenere orari regolari, evitare caffè e alcol di sera, spegnere schermi prima di andare a letto, esporsi alla luce naturale di giorno, trattare eventuali disturbi del sonno e svolgere attività fisica regolarmente ma non in tarda serata. Se nonostante tutto ci si sente sempre stanchi, è importante parlarne con un medico per escludere patologie più serie.