Close Menu
  • Ambiente
    • Animali
  • Attualità
  • Cultura
    • Misteri
    • Storia
  • Lifestyle
    • Bellezza
    • Cibo
    • Moda
    • Sesso
    • Viaggi
  • Spettacolo
  • Sport
  • Web
CultWeb.it
  • Ambiente
    • Animali
  • Attualità
  • Cultura
    • Misteri
    • Storia
  • Lifestyle
    • Bellezza
    • Cibo
    • Moda
    • Sesso
    • Viaggi
  • Spettacolo
  • Sport
  • Web
CultWeb.it
Home » Lifestyle » Sesso » Un test del cervello svela se gli antidepressivi rovineranno la tua vita sessuale

Un test del cervello svela se gli antidepressivi rovineranno la tua vita sessuale

Un test del cervello può predire se gli antidepressivi rovineranno la tua vita sessuale. Ecco tutti i dettagli di questa ricerca.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino13 Ottobre 2025
Facebook WhatsApp Twitter Telegram
coppia si bacia attraverso un vetro
coppia si bacia attraverso un vetro (fonte: Unsplash)
CONDIVIDI
Facebook WhatsApp Telegram Twitter Email

Gli antidepressivi restituiscono la vita a milioni di persone affette da depressione, ma esiste un prezzo nascosto che molti pazienti scoprono solo dopo aver iniziato il trattamento. Tra il 25% e l’80% di chi assume questi farmaci sperimenta effetti collaterali sessuali di varia intensità durante la terapia. Si tratta di problemi che vanno dalla riduzione del desiderio sessuale alle difficoltà di eccitazione, fino ai disturbi dell’orgasmo e alla disfunzione erettile.

Nonostante i casi di disfunzione sessuale indotta da antidepressivi siano documentati fin dal 1960, fino ad oggi non è mai esistito un modo per prevedere la probabilità di questi problemi prima che un paziente inizi ad assumere il farmaco. Questa incertezza potrebbe però cambiare grazie a una nuova applicazione di un test cerebrale esistente, capace di misurare indirettamente i livelli di serotonina, il neurotrasmettitore fondamentale coinvolto nella regolazione dell’umore, dell’appetito, del sonno, della memoria e anche della funzione sessuale.

La scoperta è descritta in una ricerca preliminare presentata al 38° Congresso ECNP (European College of Neuropsychopharmacology) di Amsterdam. Secondo il dottor Kristian Jensen, medico e ricercatore post-dottorato presso l’unità di ricerca neurobiologica del Copenhagen University Hospital, se i risultati venissero replicati in studi più ampi, questo approccio potrebbe consentire un trattamento della depressione molto più preciso e personalizzato. I medici potrebbero così selezionare i farmaci più adatti minimizzando il rischio di effetti collaterali sessuali nei pazienti più vulnerabili.

ragazza con psicofarmaci
ragazza con psicofarmaci (fonte: Unsplash)

Il test in questione è un elettroencefalogramma (EEG), un esame non invasivo che prevede l’applicazione di piccoli elettrodi sul cuoio capelluto per registrare l’attività elettrica cerebrale. In questo caso specifico, l’EEG cattura un biomarcatore chiamato LDAEP (Loudness Dependence of Auditory Evoked Potentials), che misura la risposta elettrica del cervello agli stimoli sonori. Poiché la serotonina regola l’elaborazione delle informazioni sensoriali, incluso il suono, la percezione uditiva dipende dai livelli di questo neurotrasmettitore nel cervello.

Il principio è relativamente semplice: più bassi sono i livelli di LDAEP, maggiore è l’attività serotoninergica. Gli antidepressivi come l’escitalopram appartengono alla categoria degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), farmaci che funzionano limitando il riassorbimento della serotonina da parte delle cellule nervose, rendendone disponibile una quantità maggiore per regolare l’umore. Sebbene questo aumento sia benefico per la depressione, rappresenta anche uno dei meccanismi ritenuti responsabili della disfunzione sessuale correlata agli antidepressivi.

Studi precedenti avevano già suggerito che il marcatore LDAEP potesse essere utile per prevedere la risposta ai farmaci psichiatrici in pazienti con depressione, disturbo bipolare e ansia. La ricerca più recente ha coinvolto 90 partecipanti affetti da disturbo depressivo maggiore, scoprendo che misure più basse di LDAEP (corrispondenti a livelli più elevati di serotonina) prevedevano la disfunzione orgasmica dopo otto settimane di trattamento con escitalopram con un’accuratezza dell’87%.

Il dato è significativo: il test non ha predetto in modo rilevante la riduzione della libido, ma è risultato leggermente associato alla gravità di questo sintomo. Inoltre, indipendentemente dai valori di LDAEP misurati, questi non corrispondevano a differenze nella funzione sessuale di base prima del trattamento, suggerendo ulteriormente che fosse il farmaco a causare la disfunzione.

Jensen e il suo team stanno attualmente conducendo uno studio simile con 600 partecipanti per confermare e ampliare questi risultati. Come ha spiegato lo stesso ricercatore, la procedura è relativamente semplice: vengono riprodotti suoni a diversi volumi attraverso cuffie mentre si misurano le onde cerebrali. L’intero test richiede circa 30 minuti ed è completamente non invasivo. Al momento non è generalmente disponibile nelle strutture sanitarie, ma la situazione potrebbe cambiare se le aspettative su questo test venissero confermate.

I partecipanti allo studio non assumevano farmaci prima del trattamento, avevano un’età media di 27 anni ed erano prevalentemente donne. Jensen ha specificato che è necessario uno studio più ampio, con una maggiore presenza maschile, per ottenere dati accurati sulla disfunzione erettile. Nonostante si tratti di ricerca preliminare, il dottor Josef Witt-Doerring, psichiatra e direttore medico della TaperClinic, non coinvolto nello studio, ha definito i risultati promettenti e potenzialmente molto utili.

Tuttavia, esistono alcune riserve da parte della comunità scientifica. Il dottor Sameer Jauhar, professore associato di disturbi affettivi e psicosi all’Imperial College di Londra, ha sottolineato che l’LDAEP non è una misura diretta dell’attività serotoninergica, non misurandola nel modo in cui generalmente si valutano i neurotrasmettitori cerebrali, ovvero attraverso l’imaging molecolare come la PET.

L’approccio terapeutico personalizzato descritto da Jensen e dai suoi colleghi potrebbe migliorare significativamente l’aderenza al trattamento e la qualità complessiva della vita dei pazienti, offrendo opzioni terapeutiche migliori per la depressione. Resta ora da attendere studi più ampi e rigorosi che confermino questa promettente direzione della ricerca psicofarmacologica.

 

Condividi. Facebook WhatsApp Twitter Telegram Email

Potrebbero interessarti anche

Come gestire un rapporto a tre

Ménage à trois: il segreto per un amore senza gelosie? Il caso di Pupo felice con moglie e compagna

9 Settembre 2025
uomo che guarda il cellulare

Il piacere proibito di guardare: quando il voyeurismo è gioco e quando diventa buio

22 Agosto 2025
coppia che amoreggia

“Tre ore a notte”: la sfida TikTok che sta ribaltando il destino di relazioni in crisi

12 Agosto 2025
Facebook X (Twitter) Instagram
  • Home
  • Chi siamo
  • Staff e redazione
  • Contatti
  • Disclaimer
  • Cookie Policy
  • Privacy Policy
© 2025 CultWeb.it proprietà di Digital Dreams s.r.l. - Partita IVA: 11885930963 - Sede legale: Via Alberico Albricci 8, 20122 Milano Italy - [email protected] | Foto Credits: DepositPhotos

Questo blog non è una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001

Digita qui sopra e premi Enter per cercare. Premi Esc per annullare.