Adrien Brody ha dato vita a una delle interpretazioni più intense nella storia del cinema con il ruolo di Władysław Szpilman ne Il Pianista. Per incarnare il pianista ebreo sopravvissuto all’Olocausto, Brody ha intrapreso un percorso di trasformazione fisica, emotiva e musicale unico nel suo genere. Ma quanto c’è di suo nel piano che ascoltiamo nel film? Tantissimo. Il Pianista racconta la storia vera di Władysław Szpilman, un talentuoso pianista ebreo polacco, che sopravvive all’occupazione nazista di Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale. Sfuggendo alla deportazione, Szpilman si nasconde tra le rovine della città, affrontando fame, isolamento e paura, fino alla liberazione. Brody si è immerso nel personaggio non solo imparando a suonare il piano, ma anche vivendo in prima persona, per quanto possibile, la sofferenza del suo alter ego.
Brody ha venduto il suo appartamento e la sua auto, ha lasciato la fidanzata e ha ridotto al minimo i suoi beni materiali, trasferendosi in Europa con solo due valigie e una tastiera. Durante le riprese, ha seguito una dieta estrema a base di due uova sode a colazione, pollo a pranzo e una piccola porzione di pesce o pollo con verdure a cena, perdendo circa 13 kg per raggiungere un aspetto fisico che riflettesse la fame e la disperazione di Szpilman.
Nonostante l’estrema fatica fisica e mentale, Brody ha dedicato quattro ore al giorno allo studio del pianoforte, imparando a eseguire alcuni dei passaggi più impegnativi delle composizioni di Chopin. Tuttavia, per le scene in cui si vedono le mani suonare, il contributo del pianista polacco Janusz Olejniczak è stato fondamentale. Olejniczak, un esperto interprete di Chopin, ha registrato anche la colonna sonora del film, aggiungendo autenticità alla musica eseguita.
In diverse interviste, l’attore ha confessato di aver vissuto un periodo di depressione e lutto dopo la fine delle riprese, colpito dall’intensità delle emozioni e delle sofferenze che aveva abbracciato.
“C’è un vuoto che deriva dalla vera fame che non avevo mai sperimentato Non avrei potuto recitarlo senza saperlo. Ho sperimentato la perdita, ho sperimentato la tristezza nella mia vita, ma non conoscevo la disperazione che deriva dalla fame. Sono rimasto molto turbato da ciò che ho vissuto e dalla consapevolezza che si è fatta strada in me“.
Questo approccio metodico e totalizzante alla recitazione ha contribuito a rendere la sua performance indimenticabile, portandolo a vincere l’Oscar come Miglior Attore nel 2003, un traguardo storico per un attore di soli 29 anni.