Nato a Castellaneta, in Puglia, nel 1895, Rodolfo Valentino non avrebbe mai immaginato che il suo destino sarebbe stato quello di diventare il primo grande sex symbol di Hollywood. La sua avventura inizia quando, dopo la morte precoce del padre, il giovane Rodolfo parte in cerca di fortuna. Prima la Francia, poi gli Stati Uniti. A soli diciotto anni, infatti, arriva a New York con poche risorse, ma con un fascino magnetico che presto avrebbe cambiato la sua vita.
All’inizio si adatta ai lavori più disparati: giardiniere, cameriere, perfino ballerino di tango nei locali notturni frequentati dall’élite newyorkese. Ed è proprio la danza a offrirgli i primi contatti con il mondo dello spettacolo. Quel giovane dai tratti mediterranei, lo sguardo scuro e il portamento elegante non passa inosservato tanto che, quando approda a Hollywood, le porte del cinema iniziano lentamente ad aprirsi.

La consacrazione arriva nel 1921 con “I quattro cavalieri dell’Apocalisse” di Rex Ingram. In una delle scene più celebri, Valentino “balla un tango avvolgente e sensuale. Bastano pochi minuti sullo schermo per scatenare una vera febbre tra il pubblico. E da lì in avanti, la sua carriera prende il volo. Nello stesso anno interpreta Lo sceicco, il film che lo trasforma definitivamente in mito. Quel ruolo esotico, carico di passione e mistero, gli fa guadagnare il soprannome di Latin Lover e un esercito di ammiratrici pronte a idolatrarlo.
Tra il 1922 e il 1926, Valentino recita in una serie di pellicole che consolidano il suo mito: Sangue e arena, ambientato nel mondo dei toreri, L’aquila, con atmosfere russe, e il seguito Lo sceicco bianco. Non sono, però, solo i film a renderlo leggenda, ma anche il modo in cui Hollywood costruisce attorno a lui un’immagine inedita di mascolinità: passionale, elegante, ma allo stesso tempo fragile e vulnerabile. Un contrasto che conquistò milioni di spettatori, soprattutto donne.
La sua vita privata, poi, segnata da due matrimoni burrascosi e da costanti voci di gossip sulla sua sessualità, non fa che alimentare il mito. Tuttavia, il destino lo colpisce duramente: il 23 agosto 1926, a soli 31 anni, Rodolfo Valentino muore a New York per una peritonite causata da un’ulcera perforata. La notizia scatena un’ondata di isteria collettiva. Più di centomila persone si riversano per le strade della città per dargli l’ultimo saluto tanto che la polizia deve faticare per contenere la folla, mentre giornali e radio trasmettevano aggiornamenti in diretta. Alcuni fan, incapaci di accettare la sua scomparsa, arrivarono persino a togliersi la vita.
Il funerale, dunque, diventa una delle cerimonie più imponenti che l’America abbia mai visto fino ad allora. L’immagine di Valentino nella bara, con il volto truccato per sembrare sereno, rimane impressa nella memoria collettiva. Hollywood aveva perso il suo astro nascente, ma era nata la leggenda: da quel momento, Rodolfo Valentino è diventato il simbolo eterno del divismo cinematografico.