Sedotta e abbandonata, film diretto da Pietro Germi nel 1964, finisce con la drammatica morte solitaria di Don Vincenzo che, pur di far sposare la figlia Agnese con Peppino, preferisce immolare la propria vita sull’altare dell’onore. D’altronde tutta la vicenda, ambientata a Sciacca, ha proprio il compito di rimandare uno spaccato culturale dell’epoca, fortemente legato alla realtà territoriale e sociale. Nella Sicilia degli anni sessanta, infatti, l’illibatezza delle proprie figlie è un vanto che un padre deve proteggere. Quando, però, questa viene meno non rimane che ricorrere al così detto matrimonio riparatore per sistemare le cose e riacquistare rispettabilità agli occhi delle gente.
Ed è esattamente quello che accade alla famiglia Ascalone quando Peppino, promesso sposo di Matilde, seduce la sorella Agnese, innamorata di lui. Questa decide di mantenere il segreto ma, ben presto, scopre di aspettare un bambino. A questo punto, per il padre, Don Vincenzo, non rimane che sciogliere il fidanzamento con la prima figlia e organizzare il matrimonio con la seconda.
Le cose, però, non sembrano destinate a risolversi facilmente. Peppino, infatti, cerca di fuggire alle sue responsabilità mentre il fratello di Agnese fallisce il delitto d’onore per vendicare l’onestà della sorella. Per finire, poi, è proprio la ragazza che rifiuta di sposare il giovane, ferita nel suo orgoglio e, in qualche modo, decisa a scardinare quelle barbare consuetudini all’interno delle quali una donna è poco più di un oggetto.
E nemmeno il suo finto rapimento da parte di Peppino, inscenato pubblicamente per dare una motivazione al successivo matrimonio, sembrano convincerla. Alla famiglia Ascalone, dunque, non rimane che sostentare le chiacchiere e, soprattutto, l’ironia del paese. Una prova che Don Vincenzo non riesce a superare, colpito da un infarto.
A dare vita a questa vicenda dai toni dolce amari è una giovane Stefania Sandrelli e Aldo Puglisi, scomparso recentemente. Insieme sono riusciti apertamente a rimandare le abitudini rozze e ancestrali applicate per andare a lavare il disonore di una violenza sessuale. Non bisogna dimenticare, infatti, che fino a non molto tempo fa questo non era considerato un delitto ai danna di una persona ma, bensì alla morale pubblica.
Oltre a questo, poi, la consuetudine e il codice penale prevedevano anche il così detto delitto d’onore. In caso di mancato matrimonio riparatore, infatti, un parente della ragazza poteva uccidere il “seduttore”. Un delitto finalizzato a ristabilire l’onore della famiglia e che, per questo, veniva punito solamente con quattro anni di detenzione. Lo stesso, poi, accadeva ad un marito che, scoperto il tradimento della moglie, poteva ucciderla con il consenso sociale. Una realtà che oggi sembra lontana, soprattutto guardando le immagini in bianco e nero di alcuni film come, ad esempio, Divorzio all’italiana, ma che, in realtà è stata abrogata solamente nel 1981.